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Lupi in Italia, tra bracconaggio e salvaguardia

Sono ben 115 i lupi che tra il 2013 e il 2015 sono morti per cause “non naturali”, attribuibili, cioè, a un intervento umano: più del 40% sarebbe stato ucciso con armi da fuoco, ma, secondo i dati ottenuti da una ricerca congiunta del Parco della Majella e Legambiente, oltre il 24% è stato avvelenato, se non torturato; la restante percentuale, che si attesta al 45,6%, è dovuta agli investimenti stradali. Il primato nazionale spetta alla Toscana, con 22 lupi uccisi (di cui 10 per arma da fuoco), seguita dal Piemonte e dall’Abruzzo (entrambe 18).

I dati arrivano a due anni dalla conclusione del progetto Life Wolfnet, un vero e proprio RIS dei lupi, formato da veterinari e biologi incaricati di analizzare ogni morte sospetta e, eventualmente, agire di conseguenza. Legambiente parla di una persecuzione “alimentata da castelli di false credenze e pregiudizi”, che, alla lunga, potrebbe portare a un’involuzione i progressi ottenuti, dagli anni ’70 in poi, nella tutela del lupo.

“Il primo passo fondamentale” spiega il presidente del Parco, Franco Iezzi, “è quello di mettere in campo un’azione capace di migliorare la conoscenza sulla reale diffusione ed espansione del lupo in Italia”, in modo da cancellare pregiudizi di sorta nei suoi confronti. Il lupo, aggiunge, non è stato reintrodotto in natura, il ripopolamento è stato favorito dal divieto di caccia e dalla protezione dei vari parchi.

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