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Green Economy, l’Italia ha già una buona legge

Green è al top. Tutti ne parlano, dall’ONU alle “sciolte” Comunità Montane, per stare a quel che ci interessa direttamente.

Gli slogan piacciono e allora di questi giorni i governativi di turno lanciano il “green new deal”, dimenticando, forse, che il nostro Paese ha una moderna e avanzata legge sulla green economy, in gran parte inattuata a causa della mancanza di decreti attuativi, come ci ricordano i rappresentati di UNCEM.

È la 221 del 2015, il “Collegato ambientale” alla legge di bilancio 2016. Una legge organica su ambiente, territorio, nuovo rapporto tra uomo ed ecosistema, riduzione delle risorse, riequilibrio del rapporto tra aree rurali e urbane.

Paiono cose complesse e noiose, ma la 221 contiene disposizioni su “green economy”, prevenzione del dissesto idrogeologico, mobilità elettrica e sostenibile, sostegno alla raccolta differenziata dei rifiuti, incentivi agli acquisti verdi, ma anche istituzione delle “green communities” e delle “oil free zone” per le aree montane in cui nascono e crescono nuovi modelli economici e investimenti che favoriscono le imprese verdi oltre al turismo sostenibile. 79 articoli e una serie di collegati.

Tra i punti più qualificanti del provvedimento anche l’introduzione della valutazione di impatto sanitario, il potenziamento del servizio idrico, le penalizzazioni per il conferimento in discarica e negli inceneritori, l’istituzione del comitato per il capitale naturale.

Come spesso accade in questo Paese dalla memoria politica e amministrativa cortissima (salvo quando si devono tormentare i cittadini con burocrazie o balzelli insopportabili) e dal protagonismo politico imperante, ognuno scopre l’acqua calda ogni mattina e perde tempo ricominciando da capo.

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