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Roberto Iannilli e Luca D’Andrea. Grande perdita

Sono le notizie che ti spezzano le gambe, ti mettono angoscia. Roberto Iannilli e Luca D’Andrea sono stati trovati in fondo alla parete, precipitati dalla Nord del Camicia. Ora i loro corpi sono all’obitorio.

È luglio, fa caldo e le montagne sono splendide dentro atmosfere cristalline o opache, ma sempre stupefacenti: notizie come questa ti lasciano stralunato.

Capita, spesso purtroppo, che il nome di un alpinista che hai incontrato quasi per caso, con il quale hai scambiato qualche parola, un’opinione, un’occhiata, un sentimento di simpatia e ammirazione, a un certo punto del tempo che scorre precipiti dal web tra “noi” che a qualche modo ci occupiamo di montagne e degli uomini che le salgono. Con il fragore intimo che spezza il cristallo.

Ne ho parlato stamane con Stefano Ardito, amico di Roberto, che s’era scambiato con lui pochi giorni fa una telefonata di auguri perché in questo mese, a distanza di 10 giorni, entrambi compiono gli anni. Stefano ama le montagne d’Abruzzo, la gente che ci sale e arrampica, gli piacciono questi alpinisti che sembrano minori, ma che sono grandi uguale agli altri.

Roberto e Luca sono due vecchi compagni di cordata che si trovavano l’altro ieri su una parete terrificante, a loro stranota, dov’è difficile assicurarsi e il primo se vola facilmente porta via anche il secondo e sui traversi anche il secondo se vola può facilmente portarsi via il primo: “una parete alta, grande e su roccia pericolosa, ma è vero che scalarla è una cosa epica, pregna di avventura in un ambiente incredibilmente affascinante, orribilmente affascinante”. Era una delle loro pareti, di quelle di casa, dove Roberto aveva già tracciato un paio di vie.

Roberto e Luca hanno provato in questo luglio a vivere come gli accadeva dentro il mondo parallelo di una vita fortemente più intensa, fatta di intimità fisica con la natura e la roccia “terrificante” di una parete, di una montagna, il Gran Sasso, speciale per loro e così vicina a casa. Roberto era anche un testimone importante e un commentatore di fatti e storie alpinistiche dalle pagine di Planet Mountain.

Mancheranno a tutti.

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2 Commenti

  1. Le attività che mettono a carico di rottura il corpo umano sono molteplici, l’evoluzione tecnica e sportiva si trova a farei conti con un corpo lento ad evolversi e che mai potra’ seguire la creativita’ e la fantasia umane.Al massimo resiste solo a piccoli stress, una botta contro un segnale, camminando , fa male;se si corre veloci a piedi o in motorino diventa letale.La natura non sa di invenzioni motivanti e gratificanti venute negli ultimi secoli.Ne’ tiene conto di curricola .

    1. Scusa ma non ho capito bene ciò che intendi dire. Cmq mi dispiace per questa tragedia. Io resto sempre dell’idea che se si vogliono esplorare nuovi orrizzonti si portano sempre via trapano resina e spit. Bisogna puntare per lo meno su soste sicure, il secondo si sarebbe salvato sicuramente un caro e affettuoso saluto alle famiglie strette nel dolore…

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