AlpinismoSicurezza in montagna

Incidenti in arrampicata: si rischia al costo più basso la cosa che vale di più

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“Arrampicata plaisir alla falesia del Sasso Ballaro, Leggiuno, sul Lago Maggiore (ph. L. Scandroglio)”

Testo e foto di Lorenzo Scandroglio

MOTTARONE, VCO – È accaduto ieri: alla falesia di arrampicata “Balena” del Mottarone (1492 m), una piccola montagna che si trova in Piemonte tra il Lago Maggiore e il Lago d’Orta, è caduto uno scalatore. Il malcapitato è sopravvissuto, ma è stato trasportato in gravi condizioni all’ospedale di Novara. Il settore è adatto ai corsi e alla scalata plaisir, cioè a chi se la prende comoda, non spinge al limite le proprie forze e capacità, si guarda in giro, osserva il panorama e chiacchiera con gli amici. Qualcuno ci porta i bambini a muovere i primi passi in verticale. Eppure è proprio lì, sul “facile”, in falesia, sulle vie corte (o monotiri) che più spesso accade di farsi male. La climber americana Lynn Hill, che ha fatto la storia di questo sport con la prima salita in libera della difficile via “The Nose” in Yosemite, della quale non si può certo dire che è una neofita, ha avuto un incidente simile a quello dello scalatore piemontese. Lo racconta nel libro Climbing free (uscito in Italia nel 2002).

La dinamica è sempre la stessa: calzi le scarpette, apri il sacchettino della magnesite appeso dietro alla cinta, prendi in mano la corda e la infili negli appositi anelli dell’imbrago; intanto parli con gli amici, il “socio” che ti assicura fa una battuta e tu ti distrai, ridi; poi cominci a scalare la via, dimenticandoti di fare il nodo, il cosiddetto “otto”, o “nodo delle guide”. Quando arrivi in sosta passi la corda in catena e cominci a calarti, scaricando tutto il peso del corpo sulla corda, ma questa si sfila e wuuum, in un soffio percorri a peso morto 20 – 30 metri andandoti a schiantare alla base della parete. Solo un miracolo ti può salvare. Nel caso di Lynn Hill e – secondo le informazioni che si hanno – del ragazzo del Mottarone, l’epilogo, per quanto doloroso, è stato positivo. Il miracolo è avvenuto e loro si sono salvati. Ma a quanti non è andata altrettanto bene? Quanti hanno avuto danni permanenti o hanno perso la vita? Bisogna stare molto concentrati, perché è proprio sul facile, in falesia, sui monotiri, più che altrove, che avvengono questi incidenti dovuti alla distrazione, all’eccesso di confidenza, alla ripetizione di automatismi nei quali “spegniamo” l’attenzione.
L’arrampicata – occorre tenerlo presente – è la pratica in cui mettiamo in gioco al costo più basso la cosa che vale di più.
Lorenzo Scandroglio

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10 Commenti

  1. Conversazione iniziata Giovedì
    Sergio
    05/05/2016 23:05
    Sergio
    Buonasera, sono Sergio, ieri ero al Mottarone, alla “Balena”, con XYZ che è “volato” per una decina di metri, o forse più…Ora, in questo momento, XYZ è a casa, con un busto ( e lo terrà almeno per 30 gg….) un po’ ammaccato, ma, l’importante è che sia vivo e senza “problemi”…Ho letto l’articolo dell’amico Scandroglio, e, vorrei solo aggiungere questo mio pensiero:” Credo e spero che, dopo questa, chiamiamola così “avventura”, chi (purtroppo…) la vive sulla sua pelle, si confronti con altri del “ramo”, evidenziando ciò che ha (purtroppo…) fatto e che non doveva fare. Credo che la leggerezza sia la peggior nemica di qualsiasi azione, in modo particolare in montagna, quando, comunque, pensi di conoscerla al 200%. Lo svarione è sempre dietro l’angolo… E, finchè ne scriviamo e lo raccontiamo, seppur ammaccati, va sempre bene, quando poi qualcosa va storto, ci bagnamo le gote! Lo sviscerare i problemi, gli (eventuali) errori che abbiamo fatto, possono e debbono evitare ad altri brutte sorprese…chiamiamole così.

  2. anche a me è successa la medesima cosa, alla falesia di Massone (Arco, TN) e le chiacchiere che distraggono con gli amici ne sono stata la causa col risultato di un volo di quasi 18m dritto fin perterra senza neanche sbattere sulla parete. I soccorsi sono stati immediati e in 45min-1ora ero già sotto la TAC dove i medici si accorgono che invece che essere un corpo unico ero diventato un puzzle di circa 25 pezzi con una forte emorragia interna che ha fatto dubitare sulla mia sopravvivenza per un paio di giorni, sono seguite 2 sett in rianimazione di cui una in coma farmacologico, 5 mesi in ospedali vari e 2 mesi a casa di cui uno in stampelle, e dopo un anno un’operazione a una spalla. Pochi giorni fa sono ritornato a Massone e proprio nella stessa falesia dopo un anno e mezzo ho rimesso l’imbrago e salito la prima via della mia nuova vita, ora il gioco non è salire il grado più duro ma tornare più possibile se stessi. devo ringraziare il soccorso alpino, la sanità italiana (checchè se ne dica) una spettacolare mamma che mi è stata vicino ogni giorno negli ospedale e una super morosa che mi ha aspettato tutto questo tempo per ritornare a fare le cose insieme. Spero la mia esperienza serva agli altri a non far gli stessi errori con conseguenze anche peggiori, perchè è vero che a me è andata bene ma è anche vero che è evidente che quel giorno non dovevo morire

  3. Credevo di essere uno dei pochi ad essere sopravvissuto ad un simile incidente, invece scopro che ce ne sono altri. A me è successo oramai trentanni fa. Una ventina di metri, svariate fratture, ma ancora vivo ( ed arrampicante).

  4. Forse anch’io pensavo non mi sarebbe capitato nulla del genere..arrampico da venti anni..ne ho 60..stavo iniziando il 21 aprile scorso in un pomeriggio di sole,a salire da solo una via di terzo a Maccagno(VA) per piazzarmi la corda in alto e fare qualcosa di 5c ..piazzo due rinvii,e fra il secondo e il terzo sfilo corda dall’imbrago(marchand autobloccante e sicura dal basso su chiodo),evidentemente troppa,scivolo banalmente col piede sinistro,non tengo l’appiglio con la mano destra,inizio a cadere…dico:mi fermerò’ …ma..arrivo a terra!!!fortunatamente di schiena un po di piatto sulla destra,esce tutto il fiato,un male cane alle costole per respirarefaccio per girarmi vs sinistra,il braccio destro nn ne vuole sapere di seguire il corpo e fa un male cane…ringrazio tantissimo Alessandra e Giancarlo(soccorso alpino di Lecco credo)che erano li per una esercitazione e mi hanno prestato i primi soccorsi chiamando l’ambulanza….se oggi posso scrivere
    vi e’perche’:
    sono stato strafortunato(se ruotavo un po di piu’all’indietro mi rompevo l’osso del collo,cadendo da circa 4 metri,casco o non casco che per somma impudenza non avevo).
    sono stato operato bene e altrettanto bene assistito a Cittiglio.
    Ho fatto passare un bruttissimo momento alla mia compagna,che in ospedale ha assistito al colloquio tra me e il medico che mi diceva che avrebbe fatto anche qualche tac a collo e schiena per verifiche a colonna vertebrale,fortunatamente intatteoltre al braccio(i due tronconi dell’omero erano tranquilli per i fatti loro).
    Se avessi saputo che la fisioterapia riabilitativa avesse causato tanto dolore giuro c avrei pensato molto piu’attentamente!(ovvio che scherzo anche un po)…
    Cosa aggiungere?UMILTA’,UMILTA’ e ancora UMILTA’nei confronti della GRAVITA’

  5. Mi sfugge una cosa di questo incidente e di altri di cui leggo nei commenti e per capire, imparare ed evitare vorrei ben aver chiaro….
    io faccio l’otto passante cosi:
    prendo la lunghezza faccio il primo nodo infilo il capo nell’anello servizio e ripasso il nodo chiudo un nodo semplice, ma dove avviene lo svarione in questi passaggi? Se passo solo il capo nell’anello servizio senza ripassare il nodo non è possibile che mi porto la corda su moschettonando…me ne accorgerei subito perchè si sfilerebbe! quindi? lo ripasso male? lo ripasso ma non assuco a dovere i capi? lo ripasso lo assuco ma lo lascio con qualche spira acavallata? 🙁

    1. Non so rispondere alla tua domanda diretta, ma posso suggerirti che il nodo a otto non va fatto all’anello di servizio.
      Va fatto sui due anelli piccoli della imbracatura, attorno ai quali passa proprio l’anello di servizio (che non è pensato per resistere agli strappi). Per lo stesso motivo non va usato neanche per assicurare il compagno.

  6. Anche ad un laureato, succede di sbagliare una espressione algebrica del nipotino.Bisogna concentrarsi.Un semplice segno, una trascrizione errata, un calcolo troppo distratto..e si scivola vergognosamente senza conseguenze traumatiche .Come in montagna , non ci sono garanzie o diplomi che tengano.Pero’ se si chiedesse di scendere arrampicando pure in discesa , lentamente, senza confidare alla cieca nell’abbandono alla corda ed al compagno assicuratore …sarebbe pure esercizio utile, eventualmente impiegabile in situazioni strane.Rileggersi le memorie di Maestri.

  7. altro suggerimento di cui scrissi a ditta: collocare tra gli appigli o appoggi da parete artificiale , un tipo di materiale fissato in modo ingannatore a vista , cioe’ che si sfila senza cadere in testa a chi e’ sottostante, giusto per mettere alla prova le reazioni ed abituare a”tastare “la solidità prima di fare presa o appoggio.Mi hanno risposto che al momento il mercato non richiede ‘sta roba.Insomma ..la pratica sportiva si basa su una fiducia cieca ed estrema ai materiali ed al secondo…ed alla propria muscolatura, oltre che ai gesti corretti ed appropriati.Bandito l’imprevisto ..che pero’ spunta.

  8. il mio consiglio personale è fare un corso di arrampicata libera base e tenersi sempre aggiornati sulle procedure e sull’uso dei materiali che sono in costante evoluzione per migliorare la nostra sicurezza. Questo perchè occorre mai dimenticare che in falesia (monotiri o multipitch) l’errore umano è sempre in agguato e bastano pochi metri per farsi molto male. E’ sempre sul facile che l’attenzione deve essere massima per non sottovalutare il pericolo!

  9. la pratica della check list…prima di partire…per qualsiasi impresa.
    La usano i piloti di aereo, persino in sala operatoria.Una lista da spuntare con qualcuno che controlla.Per evitare distrazioni banali tipo garze dimenticate o peggio, come errore nella lateralita’ dell’organo da operare.
    Qualche esperto proponga-1… fatto!.2…. fatto!3.nodo a 8…fatto!4…..stop.
    adesso parti !

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