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Competere e comunicare in montagna

Il Piolets è d’Or, anche la Grignetta è d’Oro, così come il Pelmo, che luccica del caldo bagliore del prezioso metallo che sta a significare il valore e l’onore del riconoscimento.

Alla Grignetta sono affezionato, parecchi anni fa su invito di Pinuccio Castelnuovo, allora presidente dei Ragni e dominus lecchese di queste cose, feci il primo recupero, dopo una interruzione di alcuni anni, portandola al Pian dei Resinelli. Resistette per qualche anno poi tornò nell’oblio, ora è di nuovo in auge.

Il Pelmo d’oro invece me lo inventai proprio su ispirazione di Roberto De Martin, allora direttore degli industriali bellunesi, ma col cuore sempre sulle montagne, che con la Provincia di Belluno lo adottò e lo mantiene ancora vivo.

Sul sito del Piolets è scritto: “Più che il riconoscimento di una performance, il Piolets d’Or celebra la passione, lo spirito e i valori che la ispirano. Lo spirito del Piolets d’Or trae la sua origine dalla storia dell’alpinismo e dall’autenticità del vero spirito di squadra. Lo stile deve avere la precedenza sulla conquista dell’obiettivo. Il successo dell’impresa alpinistica non è legato a come raggiungere la vetta a tutti i costi, utilizzando tutti i mezzi possibili finanziari e tecnici (ossigeno, corde fisse, prodotti dopanti, ecc) o le risorse umane su larga scala (portatori d’alta quota o sherpa). La manifestazione Piolets d’Or incoraggia l’immaginazione nella ricerca di percorsi innovativi che utilizzano un massimo di economia di mezzi, facendo uso di esperienza e di rispetto dell’uomo e della natura. Il Piolets d’Or promuove la ricerca di valori, una ricchezza condivisa e apprezzata in tutto il mondo, in grado di attrarre il meglio delle ambizioni umane, e nel contempo promuove i valori morali e i comportamenti edificanti”.

Il 20 maggio sarà annunciato il vincitore della Grignetta d’Oro, scelto tra i 42 alpinisti che sono stati selezionati per l’anno 2016, per il premio alpinistico nazionale che prende in considerazione l’attività svolta nel biennio 2014-2015. Anche per la Grignetta il discrimine riguarda la scelta di “quello che secondo noi nella sua attività ha spaziato un po’ più, che ha puntato sulla ricerca e che nelle motivazioni ha cercato di andare alla ricerca di posti nuovi”, dice Mariolino Conti presidente della giuria dello scorso anno e anche di questo. Insomma, qualche buon criterio, qualche regola ed una giuria autorevole, c’è anche Gnaro Mondinelli oltre ad Anna Torretta, ed ecco un vincitore.

Il Pelmo d’Oro, che ha compiuto 18 anni, premia un alpinista in attività, una carriera, uno scrittore o un uomo di cultura alpina o la solidarietà. E anche qui ci sono criteri, regole, una giuria. Proprio come l’avevo avviato allora.

Tutte gare con giurie, composte da grandi nomi, e premiati. Basta leggersi l’albo d’oro dei vincitori e trovi proprio tutti e leggendo anche quello dei Piolets alla carriera i nomi, per il prestigio che hanno, fanno tremare i “polsi”: Bonatti, Messner, Diemberger, Bonington e quest’anno anche Wojciech Kurtyka, che s’è rassegnato a ricevere il suo primo premio dichiarando:  “ I premi sono una sorta di veleno e se una persona non è abbastanza forte rischia la schiavitù di credere all’illusione essere il centro di tutto e non solo una piccola parte del mondo”. Di certo Kurtyca è un uomo forte.

Come dire, non è che manchino le occasioni di misurare il valore degli alpinisti.

Dopo di che leggiamo spesso che, dato che l’alpinismo “non è uno sport e tantomeno una competizione”, dovrebbe e può essere praticato e raccontato come si vuole. Ma soprattutto non deve e non può esser giudicato essendo una libera espressione dell’individuo, anche quando quest’attività, di certo particolare, e il suo riconoscimento pubblico, attraverso citazioni e servizi giornalistici e televisivi, serate, premi e comparsate, pubblicazione di libri, clip e siti, diventa fonte di reddito, neppure marginale.

La ricerca del riconoscimento del proprio valore tecnico sportivo, culturale e umano, non può prescindere dal fornire le necessarie informazioni e nozioni affinché questo valore venga valutato correttamente e non travisato o falsato.

Trovo curioso l’atteggiamento di chi dice “arrampico e salgo montagne e pareti per la mia passione e solo per me stesso”, ma poi, magari dal proprio sito, anche professionale nel caso di guide alpine o altri professionisti, si cerca legittimamente di avere la necessaria visibilità per fare buoni affari.

Non meno contraddittorio è coprirsi di loghi e marchi, dotarsi di manager per il marketing e la comunicazione, comunicare sui social e poi pretendere che chi la comunicazione la produce scriva esclusivamente sotto dettatura. Non accade in nessuno sport che è competizione pura, ma nemmeno nella cultura. Gli Oscar, i David di Donatello ed il Film Festival di Trento sono anch’essi premi che presuppongono una competizione, culturale e di qualità del linguaggio, ma nessun regista o attore o sceneggiatore si sogna di lamentarsi se se ne parla o di pretendere che se ne parli solo in modo eterodiretto.

Ma tutte queste nient’altro sono che riflessioni su ciò sta accadendo nel fantastico mondo delle montagne e ancor più nel minuscolo di quello degli appassionati e frequentatori d’alpinismo.

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2 Commenti

  1. A mio avviso Da Polenza ha ragione.
    Un premio presuppone una competizione ed anche nell’lpinismo i parametri per fare valutazioni corrette ci sono; non si può dire che una scalata tecnica in Patagonia è equiparabile ad una salita tecnica in Himalaya (anche se di difficoltà inferiore) e non è corretto dire che le stesse non siano comparabili perchè sempre di alpinismo si tratta; bisogna solo stabilire delle priorità come ad esempio quota, difficoltà esposizione, impegno etc..
    Giusto per fare un esempio relativo al Piolet d’Or di questanno: secondo voi l’impresa dei russi sul Talung è paragonabile a quella sul Cerro Riso Patron in Patagonia? Secondo me la prima è anni luce più importante in termini di impegno, ingaggio, esposizione e pericolo rispetto alla seconda.

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