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[:it]Alpinismo: un mondo che non segue le regole della cavalleria[:]

[:it]Ribadisco un concetto che ha caratterizzato tutta la storia dell’alpinismo del passato e anche del recente presente: le grandi ma anche le piccole “imprese” alpinistiche sono caratterizzate quasi sempre da strane vicende che possiamo chiamare strategia o forse furbizia o forse più chiaramente “mors tua vita mea”, quando per “mors” possiamo anche non intendere il termine nel suo senso letterale e per “vita”… che vita è quella che viene dopo il successo di una salita?

Successo, fama, soldi o cos’altro?

Lasciando da parte la solita storia della prima salita del K2, mi piace raccontare cosa successe per la prima salita del Pilone Centrale del Freney, tanto per fare un esempio.

Qualche anno fa sono andato a trovare con gli allievi del corso guide (nel programma avevo inserito una serie di incontri con la storia degli alpinisti andando a trovarli nelle loro valli) nel suo rifugio vicino a Sella Nevea un mito della storia dell’alpinismo italiano: Ignazio Piussi.

Lui era famoso per due cose fondamentali: per essere molto schivo e poco avvezzo al pubblico e soprattutto per essere un arrampicatore di una forza molto al di sopra della media, con due mani impressionanti anche a 70 anni.

Quella sera stranamente, dopo qualche bicchiere di rosso, ha iniziato a raccontare e subito siamo finiti sul pilone centrale… ancora Bonatti… la tragedia…poi gli inglesi e gli americani che stavano soffiando la prima salita ai francesi… un telegramma che arriva da Chamonix… i francesi che volevano assoldarlo perché sapevano che avrebbe potuto risolvere il problema della Chandelle. Lui parte in treno dalla Carnia con i suoi chiodi da roccia fatti a mano (famosi per la forgia i carnici almeno se non più dei lecchesi di Cassiniana memoria), raggiunge Chamonix e partono il giorno dopo per la cima del bianco con le guide chamoniarde, fra cui Rene Desmaison, non il primo venuto. Scendono di corsa lungo la cresta di Peuterey dove lui rimane indietro, si preoccupa anche un po’ perché con i ramponi non era così bravo, arrivano all’attacco e vedono la cordata degli inglesi già alta vicina alla Chandelle, così Piussi parte arrampicando da primo come una furia per raggiungerli.

Sopra c’era Chris Bonnington con Don Whillans (Harlin si era ritirato colpito da una scarica di sassi).

Bonnington inizia a preoccuparsi e teme di perdere la prima salita vista la velocità di Piussi e quindi di non poter festeggiare alla Brasserie National dove le risse fra francesi e inglesi erano all’ordine del giorno.

Incredibile cosa succede: Piussi raggiunge gli inglesi e Bonnington propone agli odiati francesi di formare un’unica cordata per salire insieme, si fa dare una mazzetta di chiodi da Piussi e si mettono tutti a dormire su due cengie separate.

Piussi stanchissimo si addormenta come un sasso e dopo un’ora Bonnington in silenzio riparte e risolve la chandelle usando i chiodi di carnica forgia. Piussi si sveglia la mattina e cosa trova sulla cengia dove avrebbe dovuto legarsi con gli inglesi? una bella merda cagata dal mitico Bonnington, che ormai più alto avrebbe brindato con lo champagne sulla cima (altro affronto ai francesi).

Eccoci qua: Bonnington fatto baronetto dalla Regina, Piussi sconosciuto. Altro che sfide cavalleresche di inglese memoria con Re Artù e i suoi Cavalieri!

Non attaccate mai un nemico disarmato, e non caricate mai un avversario senza cavallo.

Non colpite mai alle spalle, ed evitate i trucchi.

I valori e gli ideali cavallereschi sono: la prodezza, l’onore, la fedeltà, la lealtà, la difesa della verità e un comportamento leale e rispettoso…

 Allora veniamo ai giorni nostri: sono arrivati i De Cubertain, principi dello sport perfetto senza doping, senza accordi nascosti, senza imbrogli ecc., ma ormai tutti devono convenire che l’alpinismo non può essere considerate uno sport, primo perché troppi morti lo caratterizzano, poi perché non si vuole introdurre il cronometro o altri parametri certi di valutazione del merito: guai alla competizione anti etica del purismo degli accademici e soci!

Invece la realtà dell’alpinismo è un’altra e vorrei che tutti ce ne rendessimo conto una volta per tutte: una realtà molto più simile al reality Monte Bianco. Vi ricordate la proposta fatta dalla modella agli altri concorrenti/rivali quando si trattava di trovare i ramponi sotto la neve? mettiamoci d’accordo, troviamoli tutti assieme e poi quando tutti hanno i ramponi partiamo tutti insieme… difatti poi Zambrotta li ha trovati per lei e lei è subito partita.

Essere i soli protagonisti di un successo alpinistico è un’arte che si ottiene con molta esperienza, molta comunicazione e grande abilità.[:]

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7 Commenti

  1. Condivido (purtroppo) le amare considerazioni di Maurizio Gallo, che ringrazio anche per aver ricordato l’immenso Ignazio Piussi e la sua forza morale oltre che fisica.

  2. purtroppo non solo l’alpinismo ma la storia dell’umanità è costellata da episodi “cavallereschi” di questo tipo. si spera che la montagna ne debba essere esente ma questa è la vita, bellezza………..

    1. È vero signor Carlo,ma in poche discipline come questa si batte e ribatte sul concetto di “purezza”. Io sono più purista,la mia salita è più pura ecc. e l’ossigeno e senza ossigeno è una baruffa continua che avvilisce. Il grande Pietro Nenni che alpinista non era ma che la sapeva lunga disse “alla fine c’è sempre qualcuno più puro che ti epura”.

  3. le montagne sono ammassi di materia inanimata, minerali.Poi ognuno ci mette quello che ha dentro..chi i sentimenti e chi la cacca.Chi religione e chi cronometro. Diceva bene Buzzati che meno un alpinista parla , meglio e’.
    ” Non divulgare, tieni tutto per te”era il consiglio che dava alla sua Guida-amico…ansioso invece di scrivere su riviste, memoriali, manuali con telazioni e foto.

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