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Mai provato lo sci di fondo, la Marcialonga di un principiante

CAVALESE, Trento — “Riporto una frase di uno degli ultimi libri letti che riassume in poche righe questa esperienza: ‘Devi smetterla di fare tutte le cose che sai di poter fare benissimo e tentare qualcosa di nuovo’. Ecco, iscriversi a una Marcialonga avendo provato gli sci da fondo 1 volta nella vita per scherzo 20 anni fa, rende abbastanza il senso”. Inizia così il racconto di un nostro lettore che preferisce rimanere anonimo: questa la sua singolare, divertente e appassionata prima volta alla Marcialonga.

“Tutto parte il giorno prima della Marcialonga dello scorso anno (2014) quando per puro caso a Cavalese uscendo dalla piscina conosco un tipo chiuso nel furgone che armeggia con sci e scarponi da fondo cercando di capire come si agganciano gli uni sugli altri. Dopo pochi minuti di chiacchiere viene fuori che per i suoi 50 anni si è regalato l’ iscrizione alla gara senza mai aver messo gli sci da fondo nei piedi. A dir la verità subito mi è sembrato un pazzo vero, anche se molto originale nella sua follia, ma dopo averci ragionato un attimo e dopo aver saputo da amici fondisti del posto che non è il solo mi sono detto: beh, l’ anno prossimo potrei provarci anch’ io. L’ allenamento per le gare di trail per lo scialpinismo, per il nuoto e un po’ di sana sofferenza fisica dovrebbero permettermi di arrivare in fondo.

Detto fatto. Riesco ad avere un ambitissimo pettorale dell’edizione 2015 e sabato 24 gennaio dopo aver noleggiato sci scarpe e bastoncini race sono allo stadio di fondo di Lago di Tesero dove Anna e Stefano mi danno qualche dritta sulla tecnica. Le gare di fondo in televisione mi sono sempre piaciute molto di più di quelle di discesa, troppo monotone, e grazie a una mia caratteristica penso innata di saper copiare abbastanza bene i movimenti tecnici nei vari sport e ai consigli degli amici di Cavalese alla fine della giornata riesco a mettere insieme un passo alternato e un passo spinta quasi decorosi. Direi che sono pronto.

L’ edizione 2015 della Marcialonga, causa poco innevamento, vede ridurre la lunghezza del percorso da 70 a 57 km. Penso sia la prima volta in vita mia che benedico la mancanza di neve…Domenica mattina 20 minuti dentro i cancelli ad aspettare il mio turno di partenza cercando di ricordare come si fissano le scarpette sugli sci per non farmi riconoscere subito come neofita imbranato sulla linea di partenza. Studio l’attrezzatura e il comportamento degli altri vicino a me che sembrano tutti tranquilli e sereni, cercando in fondo di darmi un contegno come se fossi uno che ne sa… La mia supertutina celeste e gialla fluo del resto sembra quella di un superatleta vero. Nessuno vedendomi potrebbe pensare che è tutto un bluff e che io sto al fondo come un gatto sta all’acqua.

Poi via, si parte. Mi accorgo subito che sciare il sabato con poca gente intorno era una cosa, partire con un numero di pettorale sopra il 6000 ed avere gente intorno dappertutto in gara che si agita, cambia traiettoria, parla, supera, si fa superare, è tutta un’altra faccenda.

Dopo la prima mezz’ora però mi sembra di aver capito come funzionano le cose: cambi binario cercando di non cadere per superare i più lenti guardando sempre prima dietro per non tagliare la strada a quelli più veloci, gridi “OP” per chiedere strada a quelli davanti; dai qualche racchettata a destra e a manca senza farlo apposta, a volte abbozzi un passo alternato, che però oggi forse per la tensione della gara non viene così bene come ieri e soprattutto spingi come un forsennato tutto di braccia per andare più veloce di quelli che ti stanno davanti. E poi come al solito mi basta un numero di pettorale addosso per farmi prendere da quell’ “agonismo ignorante” da “testa bassa e bava alla bocca” che non mi fa capire più niente. Che volete farci, sono fatto così…

Alle mie prime discese iniziano anche le mie prime cadute… anzi le definirei più propriamente “tuone pazzesche”. In una discesa più ripida delle altre verso sinistra in contropendenza mi rendo conto di avere qualcuno in scia. Forse un po’ disturbato dal pensiero do una spinta più sostenuta sui bastoncini quasi volessi distanziarlo ma nello stesso tempo arretro troppo e perdo il controllo degli sci andando in rotazione all’ indietro. Risultato: esplodo per terra dando una culata terribile. Chi mi segue, un vichingo norvegese di 2 metri e fischia per almeno 130 kili non ha neanche il tempo di capire cosa succede ma riesce incredibilmente a scansarmi mollandomi solo uno sci in piena testa e andando a esplodere 5 metri più avanti perdendo completamente sci e racchette. Quando vedo chi è mi viene male: l’avevo già notato in precedenza proprio per la sua stazza considerevole. Se mi avesse investito in pieno mi avrebbe demolito. Lo vedo un po’ contrariato ringhiare in ostrogoto anche se molto correttamente non mi dice nulla, io mi scuso timidamente, mi rialzo, gli indico dove è finito uno dei suoi sci dall’ altra parte della pista mentre mi defilo di buona lena, diciamo pure mentre scappo.

Un po’ più avanti altra discesa e le posizioni si invertono: 10 metri avanti un signore cade e quello dietro gli finisce addosso in pieno. Nel trambusto i 5-6 fondisti davanti a me cercano ognuno una traiettoria che li tolga dai problemi. Qualcuno riesce a fermarsi, qualcuno passa a sinistra, qualcuno a destra. Io seguo uno di questi sulla parte esterna ma non mi accorgo che proprio mentre arrivo il signore da terra muove repentinamente il bastoncino che mi finisce proprio di traverso agli sci: non faccio in tempo a rendermene conto che volo faccia a terra qualche metro più avanti falciato platealmente. Rigore!

Vado avanti così superando e facendomi superare, cadendo e rialzandomi altre 6-7 volte, rischiando di cadere e restando in piedi per miracolo un’altra decina di volte, rischiando pure di finire nel fiume in una curva a gomito improvvisa, ma tutto sommato mi godo la gara e l’esperienza. Del resto partecipare a una manifestazione che diventa una festa come questa con altri 7700 partenti non è una cosa da tutti i giorni. Bisogna godersela fino in fondo. Ben oltre la metà le braccia iniziano a dare i primi segni di cedimento, i tricipiti iniziano a bruciare, le spalle a lamentarsi e gli sci sembrano scivolare meno di prima quindi la velocità diminuisce. A volte in qualche falsopiano mi sembra proprio di essere fermo. Mentalmente inizio ad accusare ma poi vedo quelli vicino anche loro più o meno con gli stessi problemi e le velocità sono sempre quelle per tutti così mi adeguo e continuo ad andare avanti verso l’ arrivo.

A due km dal traguardo poi arriva la salita della cascata di Cavalese, da quel che mi hanno raccontato deve essere tipo “muro del pianto”. Mi fermo poco prima per sciolinare e riparto già con l’acquolina in bocca. In effetti quando vedo davanti a me la salita bella continua, lunga piena di curve e la massa di gente che sale mi parte un embolo di felicità: questo è il mio terreno, qui il “testa bassa e bava alla bocca” funziona di più di qualsiasi sciolina, del passo alternato, a spinta o passo vattelapesca. Comunque via, parto come se invece della tremillesima posizione dovessi giocarmi il titolo olimpico direttamente. Non sento più gli sci nei piedi, quasi come se me li avessero tolti e potessi correre liberamente. Due km col cuore a 180 pulsazioni, da infarto istantaneo. Mi sembra di superare più gente di quanto non abbia mai fatto in una gara in vita mia. Fino quasi all’arrivo con lo stesso passo, anzi da metà in su mi sembra pure di accelerare ancora un po’. Se mai avessi potuto drogarmi di adrenalina pura non sarei riuscito a spararmene così tanta. E poi l’incitamento degli appassionati che ti urlano e ti chiamano porta il livello di esaltazione a mille. Solo dopo aver raggiunto l’arrivo in ipossia convinto di aver strappato un tempone da urlo mi renderò conto che oltre in 1200 sono andati molto più forti di me su quella salita. L’orgoglio e l’esaltazione per la prestazione ritorna a una sana soddisfazione personale come è giusto che sia.

Il giorno dopo la gara un’influenza devastante m riporta prontamente con i piedi per terra. Hai fatto la marcialonga? Bravo, complimenti! Adesso paga il conto e ricordati che ad una certa età non sei più un ragazzino…

Un ringraziamento per questa magica esperienza all’ Apt della Val di Fiemme, Al comitato organizzatore della Marcialonga, a Lodovico Nones di Nones Sport per l’ attrezzatura e la disponibilità e al mitico Carlo Brena direttore della rivista SciFondo”.

 

Un amante della montagna

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5 Commenti

  1. Complimenti per lo spirito d’avventura e soprattutto per la simpatia dell’articolo, molto divertente.
    Questo può essere uno stimolo alla mia voglia di voler imparare a fare sci alpinismo a 42 anni (considerando i vari limiti annessi e connessi) avendo provato gli sci forse due o tre volte da sbarbato…
    Le ciaspole son faticose!!

  2. Un tempo i neofiti avevano da imparare e perfezionare la stessa tecnica degli atleti…adesso vedere le maratone tutte a scivolata spinta( double poling) non è un buon esempio.Può far desistere i nuovi adepti e far schiantare d’infarto i troppo agonisti non dotati di fisico e allenamento intenso..Alternativa : lo sci fondo escursionistico con pelli di foca strette..forse qualche ditta le fabbrica ancora , altrimenti si comprano a metragggio le larghe e si tagliano per il lungo.Itinerari a iosa e spesso lontani da zona valanghe.

  3. alla Marcialonga: …cambi binario per superare i più lenti gridi “OP” per chiedere strada a quelli davanti…
    senza mai avere messo gli sci da fondo…. sinceramente mi sembrano un sacco di balle
    quando avevo 50 anni ed ero allenato per fare l’Engadina Skimarathon (che è poco più di metà della marcialonga) ho sputato l’anima, si vede che adesso nascono tutti supereroi

  4. Nooooo…. Non ci credo… Grandissimo Roberto!!! Non ricordavo più il tuo nome. Grazie mille per l’ ispirazione, è stata una grandissima esperienza davvero. Non so tu ma io il fondo andrò avanti a farlo.
    Ah… il T5: come mi avevi detto: uno spettacolo! Ciao

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