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Yosemite, Torre Egger e Karakorum: la grande annata di Matteo Della Bordella

VARESE – Dopo un autunno nella Yosemite Valley e a distanza di poche settimane dal rientro dalla Patagonia, dove – dopo 3 spedizioni – è riuscito a portare a termine la nuova via sul versante Ovest della Torre Egger, Matteo Della Bordella è già pronto a ripartire. Il prossimo obiettivo si chiama Uli Biaho, Karakorum: lo aspetta una parete di circa 1000 metri e una cima di 6100 metri, che cercherà di raggiungere con un team rigorosamente giovane. “Speriamo di non metterci anche qui 3 anni!” – ci ha detto commentando il progetto. Questa l’intervita al Ragno di Lecco.

 

Torre Egger, dopo tre anni finalmente è finita. Quanto ci credevi di riuscire a chiuderla proprio quest’anno?
All’inizio eravamo fiduciosi: eravamo riusciti a fare la via Festerville sulla Standhardt, vedevamo che l’allenamento era buono e stavamo migliorando, dopo di che abbiamo fatto un primo tentativo alla Torre Egger andato a vuoto e le cose sono iniziate a peggiorare, il morale è iniziato a scendere. È arrivato un periodo di cattivo tempo abbastanza lungo, addirittura ha nevicato in basso e tanta gente se n’è andata da El Chalten, pensando che la stagione fosse finita. Siamo arrivati a una settimana dal rientro previsto pensando che ormai le possibilità fossero davvero ridotte. Poi abbiamo visto che poteva esserci qualche miglioramento nel meteo e allora io e Luca Schiera abbiamo deciso di provare a fare un altro tentativo ma senza pensare che le possibilità fossero alte. Quando abbiamo posticipato il rientro per la seconda volta invece, è stato perché ci avevano detto che arriva il bel tempo davvero, e allora le speranze sono tornate alte. E di fatti così è stato.

Sulla salita in sé abbiamo già parlato tanto. Come ci si sente quando un grande progetto finisce?
Ti senti bene! Sei contento di aver raggiunto un traguardo, un obiettivo per cui hai lavorato tanto. Ci abbiamo creduto, abbiamo investito tempo ed energie. E poi guardi al futuro, pensi già al prossimo obiettivo che vorrai scalare.

Quale sarà?
Non è ancora sicuro al cento per cento, ma questa estate dovremmo andare in Pakistan dove vorremmo aprire una via nuova sulla torre di Uli Biaho, che è una parete per lo più di roccia di circa 1000 metri, con un avvicinamento impegnativo e una cima di 6109 metri. È paragonabile penso come difficoltà a una Torre Egger. La montagna si trova ad un giorno di distanza dalla zona di Trango, ed è vicina al Paiyu Peak La parete è la Sud Est e non è inviolata, perché ci sono già altre due vie, ma c’è il problema della quota a cui noi non siamo mai stati, ed è una Big Wall: speriamo di non metterci anche qui 3 anni ad aprire la via! Essendo in Pakistan dovrebbero esserci condizioni di tempo migliori, ma io mi aspetto un impegno simile a quello della Torre Egger.

Uli_Biaho_Tower_Peak (www.1nj3ct.org.tek-9.org)
Uli Biaho Tower Peak (www.1nj3ct.org.tek-9.org)

Per te sarà la prima volta in Pakistan?
Sì. Erano tanti anni che volevo andare e finalmente questo sembra l’anno buono. Saremo in cinque, tutti giovani sotto i 30 anni. Dei Ragni ci saremo io e Luca Schiera, poi ci sarà David Bacci, che è un mio amico di Varese con cui scalo spesso e con cui sono stato anche in Yosemite, e Saro Costa. Poi ci sarà Arianna Colliard, la mia ragazza valdostana, ma lei non verrà in parete all’Uli Biaho: sarà con noi come riserva, nelle salite di acclimatamento e per raccogliere materiale video e foto.

Niente Matteo Bernasconi questa volta?
Il Berna è stato la prima persona a cui ho proposto di venire, ma mi ha detto che questa estate dovrà lavorare e che quindi non avrebbe potuto.

Yosemite, Patagonia e tra poco Pakistan. Praticamente 12 mesi in giro per il mondo…
Praticamente sì! In Patagonia c’ero già stato, si trattava di finire la via quindi sentivamo l’esigenza di tornare. Yosemite e Pakistan sono i due posti in cui volevo andare da tantissimo tempo: in America per queste pareti di granito enormi, per El Capitan, la big wall più famosa del mondo; invece in Pakistan per quelle pareti di roccia su cui c’è tanto ancora da fare, un ambiente severo.

Raccontaci del tuo viaggio in Yosemite.
Sono andato con l’idea di scalare il più possibile e imparare bene le tecniche di fessura, con l’obiettivo di ripetere le vie più classiche della zona e di salire in libera la parete di El Capitan, un mio sogno. Per farlo il modo “più facile” è salire Free Rider, una via dei fratelli Huber del ’98, che in realtà è una variante della più nota Salathé. Il modo più “facile” ho detto, ma per me non è stato per niente facile! Però dopo due tentativi in parete sono riuscito a salire tutta la via in libera.

E il Nose?
Si l’abbiamo fatta ma senza neanche provare a farla in libera perché i due tiri chiave, il Great Roof e il Changing Corners, sono veramente allucinanti. Non per niente su quella via ci sono passati tutti i più forti, ma in libera l’hanno fatto soltanto Lynn Hill e Tommy Caldwell. Un motivo c’è. Abbiamo scalato la via perché è una grande classica, ma noi non ci abbiamo neanche provato a salire in libera.

Hai arrampicato anche con Tommy Caldwell. Come è nata la cosa?
Per caso. Lui era in Svizzera per il matrimonio della sorella di sua moglie (o qualcosa del genere), e  cercava qualcuno con cui scalare inzona. Aveva sentito parlare del Wenden e del Rätikon, ed era curioso di andare a metterci le mani. Cercava un socio e tramite Fabio Palma siamo stati messi in contatto. Così siamo andati a scalare insieme una decina di giorni in Svizzera: io gli ho mostrato i posti più interessanti per me e ci siamo trovati benissimo insieme. È una persona tranquilla, in cordata è un buon socio e nonostante sia fortissimo non è uno che vuole fare tutto da solo, ma ci tiene ad avere un buon rapporto con il suo compagno. Abbiamo fatto delle belle vie insieme.

Nel panorama internazionale con chi altro ti piacerebbe arrampicare oggi?
Con qualsiasi giovane motivato. Mi viene in mente Hansjörg Auer, che conosco di persona ma con cui non ho mai scalato. Oppure Nico Favresse, con cui ho scalato qualche volta in falesia e con cui mi piacerebbe andare magari a fare qualche via impegnativa o in ambiente alpino.

E in quello nazionale?
Generalmente preferisco scalare con chi è più giovane di me o ha la mia età, anche se chiaramente chi è più vecchio ha sicuramente più esperienza. Dovendo fare un nome direi Korra Pesce, oppure Rolando Larcher, che conosco ma con cui non ho mai scalato.

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