Medicina e benessere

Everest a 13 anni: per la psiche non è un successo ma un pericolo

Jordan Romero
Jordan Romero
(Photo jordanromero.com)

BERGAMO — “La competitività a distanza di tempo presenta il conto ai nostri ragazzi. Chiediamo loro successo, resistenza, risultati, magari con la pretesa che mantengano un equilibrio psicologico. Ma dopo qualche anno subentrano in questi ‘eroi’ disturbi di personalità, depressione e non sopportazione della frustrazione in ciò che non si riesce a realizzare”. Queste le parole di Andrea Guidetti, infermiere presso il Dipartimento d’igiene mentale di Ferrara del servizio territoriale psichiatrico, che ha voluto esprimere la sua opinione rispetto alla sua esperienza professionale. Il suo parere apre nuovi fronti di riflessione, e abbiamo voluto approfondire con lui il discorso.

Cosa pensa della salita all’Everest di Jordan Romero?
Sono troppo pochi 13 anni per un’impresa del genere, perché si bruciano delle tappe. Questo ragazzo ha le abilità per andare sull’Everest anche a 23 o 33 anni, ed è sbagliato che i suoi genitori, e a monte coloro che li hanno appoggiati, lo abbiano spinto a compierla adesso. E questo semplicemente perché lo mettiamo in difficoltà. Ora lui ha fatto una cosa grandiosa, quando a questa età è sufficiente già fare delle piccole cose quotidiane con gli amici, con la scuola o con l’ambiente dello sport, per sbagliare, cambiare idea sui programmi sui progetti, ed è una cosa necessaria anche per godersi eventuali successi di un domani. Lui invece è già arrivato. E poi? Dopo cosa succede? Quali scopi si potrà prefiggere, quali programmi, e soprattutto quando dovrà affrontare dei fallimenti come si comporterà? Perché i fallimenti pesano. A distanza di qualche anno a livello psicologico si cambia e si pretende di più, si diventa più competitivi nei confronti di se stessi e di chi ci sta vicino. L’equilibrio non c’è più. A me dispiace di questa impresa, non è un successo secondo me. La montagna ci impone dei tempi, le “ardite cime” le abbiamo davanti agli occhi e sono loro che ci dicono quando è il momento di salire. Non conta il fatto che ci sia riuscito. Complimenti per questo risultato, ma poi? Noi facciamo parte della natura e arrivare al momento di maturazione psico-fisica è bello e importante. Voglio dire che vanno bene le imprese, ma vanno fatte nel momento giusto.

Che tipo di conseguenze può portare la competitività in età adolescenziale?
Sicuramente può portare a disturbi di personalità. Io sono un infermiere, quindi non un medico, ma ho una lunga esperienza di casi che vedo tutti i giorni nel luogo dove lavoro. Passato un certo limite si corrono dei rischi. Quando si vuole a tutti i costi raggiungere un obiettivo, o quando gli altri ti pongono un obiettivo per il quale tu non sei pronto, anche se lo raggiungi poi a distanza di tempo devi fare i conti con le altre che avrai da raggiungere. Magari ti trovi a non sapere raggiungere un obiettivo di tipo più quotidiano, di vita comune, e allora ti dici: ma come ho compiuto un’impresa straordinaria e ora non riesco a fare quello che banalmente fanno altre persone? A quel punto subentra la frustrazione, che non si riesce a superare e si innescano delle patologie, come disturbi ossessivi. Insisti fortemente laddove hai fallito, ma non in maniera serena perché non accetti di non raggiungere l’obiettivo. Questo è pericoloso, può portare appunto a disturbi ossessivi e della personalità. Il che si traduce nella necessità di andare in seduta terapeutica, di prendere dei farmaci per correggere il tiro. Questo è il rischio che corrono i nostri giovani. Tante volte in questa società riscontriamo un modo di fare nascosto, in cui i genitori non si rendono conto di richiedere ai propri figli di essere per forza i primi. Dalla scuola, allo sport, quando fanno basket, piscina o quant’altro. Quando portano l’8 a casa dicono loro che era meglio un 9. Spesso si finge una falsa modestia, per nascondere invece una profonda presunzione. A distanza di tempo può portare a queste patologie. Posso dire che seguo ragazzi di 30 anni che sono stati vincitori del titolo italiano sui 100 stile o che hanno preso due lauree, ma che soffrono di psicosi.

Quindi il tuo monito non è relativo solo all’impresa di Romero ma in generale alle attività dei giovani?
Sì assolutamente, anche se riguardando la montagna mi spiace ancora di più. Perché la natura ci dice che ci sono delle regole e noi dobbiamo saperle cogliere.

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Un commento

  1. Come hai ragione Andrea. Questa è una verità che coinvolge tutte le sfere della vita umana..”ogni frutto, -recita il proverbio- ha la sua stagione”.. E poi è una questione di buon senso che è così raro di questi tempi. La gente, i genitori, sono accecati dall’ambizione e non si rendono conto dei limiti che la natura impone.
    un caro saluto

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