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Geolocalizzazione e soccorso in ambiente impervio, una soluzione esiste

Il caso Simon Gautier, che nelle ultime settimane ha occupato prime pagine di quotidiani e tg, ha aperto il dibattito sulla difficoltà di geolocalizzare un cellulare in ambiente impervio di alta montagna o in zone più o meno remote del nostro Paese. Come cercare allora di farsi individuare quando qualcosa va storto ed è necessario chiamare i soccorsi? In questi giorni si sono visti molti suggerimenti, dai più semplici fischietti fino ad arrivare alle applicazioni per cellulare. Programmi sempre più sofisticati che permettono, anche, di individuare con facilità una persona bisognosa di aiuto. Una cosa possibile, fin quando ci muoviamo all’interno di aree cittadine o più o meno coperte dal segnale GSM (Sistema globale per comunicazioni mobili), standard su cui si basa la telefonica mobile. Spesso, quando si esce dalle aree metropolitane il segnale e la connessione dati iniziano a scarseggiare, sparendo poi del tutto una volta in quota. Ci troviamo quindi isolati con uno smartphone, oggi naturale prolungamento della mano, del tutto inutile, anche in caso di emergenza.

Esiste però un modo per essere rintracciabili anche in ambiente impervio, lo conosciamo tutti noi cronisti d’altissima quota che spesso lo “sfruttiamo” per sapere la posizione degli alpinisti sulle più alte montagne della Terra, dando in tempo reale notizia dell’avvenuta salita. Per fare un esempio è grazie a questo che abbiamo potuto seguire, metro dopo metro, la prima salita invernale al Nanga Parbat, annunciando la storica impresa in tempo reale, quando ancora gli alpinisti dovevano cimentarsi con l’impegnativa discesa. Stiamo parlando dell’inReach di Garmin, un comunicatore satellitare bidirezionale in grado di lanciare richieste di aiuto da qualunque luogo del Pianeta. Abbiamo parlato delle sue potenzialità d’utilizzo insieme a Stefano Viganò, amministratore delegato Garmin Italia.

 

Buongiorno Stefano, stiamo parlando di un apparecchio tecnologico che oggi viene comunemente utilizzato dagli alpinisti in Himalaya, crede che potrebbe essere utile anche per una più semplice escursione sulle Alpi?

“Certamente. L’inReach non è nato solo per coloro che fanno himalaysmo, per chi va in giro per il mondo in cerca di avventure e per gli appassionati di attività estreme. Si tratta di uno strumento nato per garantire sicurezza a chiunque sia un appassionato di escursionismo, mountain bike, trail running e di qualunque altra pratica outdoor che prevede il movimento in un ambiente dove il rischio di incidente aumenta. Mettendo un inReach nello zaino, meno di cento grammi di peso, ci si salva la vita.”

Come?

“Grazie alla possibilità di inviare una richiesta di soccorso, qualunque sia la tua posizione. È sufficiente premere un tasto per inviare una richiesta di aiuto. A questa risponde, nella tua lingua, il tecnico di una centrale operativa italiana che si chiama GEOS (centro internazionale di ricerca e recupero).” 

Poniamo caso che ci troviamo in Canada e inviamo una richiesta di aiuto che arriva in Italia, quindi cosa succede?

“Per prima cosa risponde alla vostra richiesta chiedendo informazioni sulle vostre condizioni e sul tipo di emergenza in cui vi trovate. Quando risponde conosce già la vostra posizione GPS. A questo punto il tecnico raccoglie tutte le informazioni ricevute e attiva la rete dei soccorsi canadesi per procedere al recupero.”

Se invece non si risponde al messaggio?

“Vengono comunque a recuperarvi. La risposta serve solo per calibrare il tipo di intervento.”

Sono già stati effettuati degli interventi di recupero in seguito a richiesta di soccorso?

“Certo. Per rimanere in tema di Canada, è capitato con un navigatore solitario in barca a vela. A un certo punto si è trovato in una situazione di pericolo con la sua barca che stava affondando, così ha lanciato l’allarme e ha risposto al messaggio della centrale spiegando la sua situazione. Il tutto è stato trasmesso alla centrale operativa canadese e, dopo neanche due ore, è arrivato l’elicottero che l’ha caricato e portato in salvo.”

Qualcuno potrebbe obiettare che andando così in montagna si perde il gusto dell’avventura, dell’assenza  di comunicazioni…

“Lo si può tenere spento, per poi accenderlo in caso di necessità. In questo modo il proprio desiderio di avventura è salvaguardato.”

Questo apparecchio non si sostituisce ovviamente alla preparazione dell’escursione…

“Ovviamente no. Si tratta di uno strumento che bisogna mettere nello zaino, come una borraccia, dimenticandosene fino al momento del bisogno. L’escursione va comunque sempre preparata, con una cartina e magari un GPS.”

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10 Commenti

  1. Dovete pero abbassare in modo sensibile il costo! Perché nn ci si può permettere di spendere 500 o 600 euro! O forse più!

  2. Parole sagge!Con bussola, altimetro e carta topografica ben fatta…cioe’ con isoipse e calcolabilita’ coordinate con i quadranti…basta che funzioni un telefonino..che potrebbe avere pure un caricabatteria a manovella e funzione pila.

  3. Questo articolo è surreale, invece di spiegare che andare in posti impervi é pericoloso ed è necessario attuare tutta una serie di cose per evitare i problemi si fa pubblicità (occulta?) a Garmin.
    Sarebbe stato corretto dire che dove non c’è campo con qualsiasi cellulare/Smartphone non si può comunicare con nessuno ed è quindi necessario avere con se il materiale per orientarsi e saperlo usare, lasciare detto esattamente il percorso che si vuole effettuare ecc ecc.
    Infine elencare i sistemi che aiutano dove non c’è connessione e NON c’è solo Garmin, per fare un esempio lo spotgen 3 costa molto molto meno e fa più o meno le stesse cose.
    Infine bisogna anche informare le persone che ogni tipo di dispositivo satellitare necessità di un abbonamento altrimenti non si può comunicare ma ovviamente l’importante é vendere poi dopo si vene no ?
    Saluti

  4. Se ci si accontenta di un monodirezionale c’è lo Spot che trasmette solo una richiesta di aiuto premendo un pulsante e trasmette ad una pagina web privata la posizione ogni tot minuti, costa meno di 200 euro ed è stato già usato per soccorrere persone e anche purtroppo per ritrovare cadaveri. Il problema di questi apparati è che si appoggiano ad abbonamenti satellitari piuttosto salati, però stiamo parlando di sicurezza a questo punto anche un buon casco da bici costa, così come costa un buon imbrago o un buon paio di ramponi. Diciamo che in molti se li potrebbero permettere, speriamo che in molti li usino.

    A chi dice che basta la mappa rispondo che è verissimo ma bisogna che ad usarla ci sia una mente lucida, io quando ho capottato in MTB e sono stato soccorso con alcune ossa rotte non avevo la lucidità ne di sbloccare il cellulare, dire il mio numero di telefono di casa a chi mi stava attorno ne di dirgli che avevo in tasca un bigliettino con scritto il numero. Ero cosciente sapevo chi ero e più o meno cosa mi era successo ma le mie capacità di concentrazione erano nulle, pari a quelle di un ubriaco o di uno sotto effetto di stpefacienti pesanti, credo che sia un effetto dell’adrenalina e serva a combattere il dolore (avevo 3 fratture di cui una esposta). Però una cosa semplice come premere un pulsante forse sarei riuscito a farl anche da solo.

    1. Totalmente d’accordo con Damiano, uso dell’inReach da pi’u di un anno sulle Ande e funziona benissimo. Qui non appena si va in montagna si è completamente isolati, non è come sulle Alpi, quindi è rassicurante poter comunicare, mandare la propria posizione (specie se si ha famiglia), ecc.
      Il costo non è poi così alto: 11 dollari al mese.

  5. Buongiorno, dall’alto della mia ignoranza elettronica vorrei porre a chi se ne intende, una domanda, io quando sono in escursione uso un’applicazione per telefono, che ho scaricato gratuitamente, questa applicazione usa i satelliti dunque anche in assenza di segnale telefonico funziona registrando il mio percorso dando sempre le coordinate ovunque io mi trovi, dunque mi chiedo: un’ente nazionale (CAI, CNSAS per esempio) non potrebbe mettere in opera un sistema similare (magari aggiungendo una opzione allarme in caso di necessità) con un abbonamento annuale sui 20/30€ ? (sia ben chiaro che la prudenza é la prima cosa di cui disporre prima di avventurarsi in qualsiasi tipo di uscita!)
    Cosa ne pensate? Attendo lumi
    Grazie

    1. Esiste già ,si chiama georesq ed è gestita dal CAI/soccorso alpino.
      Ma il problema rimane sempre lo stesso dove non c’è campo questa app cosí come le decine che ci sono similari non servono a niente.
      Il problema andrebbe risolto a monte.
      1) chi va in luoghi impervi dovrebbe avere più accortezza nell’organizzare la gita.
      2) il soccorso italiano dovrebbe implementare la propria tecnologia per la localizzazione satellitare degli smartphone.

  6. Se uno pratica downhill o mtb a rotta di collo, anche un amuleto di quelli scio’ scio’ che vendono a Napoli, collanine e santini benedetti..Oppure giubbetti simili a quelli per equitazione, gia’ gonfiati e casco integrale piu’ motociclistico che da bici.

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