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Marta, il ritorno alla montagna dopo l’osteosarcoma. “La vita è un’occasione da cogliere”

A 22 anni non si hanno ancora le idee molto chiare su quale strada intraprendere, ma non c’è fretta: si ha tutta la vita davanti. Non si ha ancora vissuto nulla per davvero e nei confronti dell’effimero attimo d’esistenza si risponde con una sensazione di immortalità. Una percezione che poi, puntualmente, ci schianta contro un muro di roccia o cemento ricordandoci che la vita non è eterna. “A 22 anni tutto è cambiato da un giorno all’altro” ci racconta Marta Da Pra montanara di Lozzo di Cadore, ai piedi delle Marmarole, atleta paralimpica nello sci di fondo e più in generale amante della montagna in tutte le sue sfaccettature. “Dopo mesi di girovagare da un medico all’altro mi venne diagnosticato un osteosarcoma al bacino e al femore sinistro. Un tumore maligno dell’osso che stravolge la quotidianità di Marta portandola a conoscenza di un mondo a lei totalmente ignoto.

Noi l’abbiamo incontrata su un sentiero, durante una delle sue quotidiane camminate con le ormai inseparabili stampelle da montagna.

 

Marta, com’era la tua vita prima della malattia?

“Oggi, a rivederla, sembra un’esistenza tanto inutile e banale. Eppure era la vita normale di una bambina cresciuta facendo sport per il gusto di farlo. Per molti anni ho praticato sci di fondo e corsa campestre, senza mai ottenere grandissimi risultati ma per il piacere di muovermi e stare all’aria aperta.

Avevo una vita normale, tra le mie montagne.”

Poi?

“Poi tutto è cambiato. A 22 anni, senza nessuna vera esperienza di vita, mi sono trovata spiazzata di fronte alla notizia. Devo dire che ero anche molto ingenua perché, quando me l’hanno comunicato, uno dei miei primi pensieri è stato ‘esiste anche il tumore?’. Sono stata catapultata in un mondo che non conoscevo, da lì è iniziata la mia vita reale.

Con il tempo ho capito come anche quella di prima sia stata bella e fondamentale perché mi ha insegnato, attraverso lo sport, a stringere i denti sia per andare avanti che poi nel voler riprendere con le attività sportive a quarant’anni, con un figlio e con tutti i problemi che le complicazioni dovute al cancro.”

Dopo hai avuto un periodo molto difficile…

“All’inizio sono stati nove mesi di terapie, interventi di ricostruzione ossea e continui ricoveri in ospedale. Dopo è invece stata una nuova vita da disabile dove lo sport non era altro che un momento del passato.

Ricordo che una delle prime cose fatte, subito dopo aver vinto il tumore, è stata riprendere a camminare con le stampelle. Volevo essere autonoma e fare le cose di tutti i giorni anche se facevo molta fatica a muovermi. Mi stancavo facilmente e provavo dolori intensi, fare sport era impensabile. È stato un periodo molto lungo, soprattutto di testa.”

Quando hai ricominciato con le attività sportive?

“La prima volta che ho ricominciato a muovermi l’ho fatto in bici poi, dopo 16 anni, in fase riabilitativa mi han suggerito di provare a camminare con le stampelle sui sentieri. Subito ho pensato che fosse un’idea stupida, ma invece non lo era affatto. È stata la miccia che mi ha fatta ripartire.”

Quando vai in montagna al posto di usare i classici bastoncini porti con te un paio di stampelle ortopediche. Che sensazioni suscitano nei camminatori che incontri?

“A un primo impatto appaio un po’ come una mosca bianca perché, a differenza di chi ha una disabilità evidente, molti mi guardano pensando che sia quella che sta cercando di mettersi in mostra.

Devo però dire che molti altri si fermano e mi chiedono, si incuriosiscono vedendomi con due stampelle. Reagiscono in modo del tutto diverso: molti non si immaginano la mia storia e rimangono colpiti.”

Dopo le prime camminate è poi arrivato lo sport ai massimi livelli come atleta paralimpica…

“Nel 2016 riprendo a fare sci di fondo e in poco tempo entro a far parte degli atleti paralimpici e riesco a farmi le mie trasferte di Coppa del Mondo. Partecipo a mie spese, vado in Canada a gareggiare e poi in Germania e ancora in Finlandia.

Cerco di vivere tutte le opportunità che la vita mi regala, anche se alcune vado ancora a cercarmele.” (rde)

Quanto è stata importante la montagna durante la fase riabilitativa dopo il tumore?

“Su questo punto c’è una storia che mi fa sempre sorridere perché il mio ortopedico, che mi segue tutt’ora, mi ha sempre detto: ‘Marta non è il caso che tu continui a vivere in montagna perché è troppo rischioso. Gli inverni sono lunghi, il rischio di cadere e farti male è maggiore’. Inutile dire che non l’ho ascoltato continuando a vivere tra le mie montagne.

Sarà l’aria sana, il panorama che vedo ogni mattina aprendo la finestra, ma la montagna per me rappresenta tutto. È una medicina naturale che mi rigenera. È difficile incontrarmi a passeggio tra le vie del paese, più facilmente mi si trova sui sentieri dove vado a smaltire i pensieri.”

Che significato dai oggi alla vita?

“Un percorso ricco di esperienze, di occasioni da cogliere giorno dopo giorno senza fare troppi programmi.”

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