Alta quota

K2 e fattore Nirmal Purja

Chi osa, vince scrive Nirmal Purja sui suoi social prima di iniziare il racconto di come la sua audacia lo abbia portato in vetta al K2 in una stagione che oramai tutti davano per spacciata.

Quando sono andato a fare la selezione per entrare nel Gurkha, c’erano 32mila giovani candidati dal Nepal, solo in 320 entrarono nell’esercito britannico. Io sono stato uno di loro” racconta l’alpinista. “Se avessi ascoltato quelli che avevano fallito, non avrei nemmeno avuto il coraggio di provare. Si fanno sempre sembrare le cose più difficili di quello che in realtà sono: è la natura umana. Anche io se avessi fallito avrei trovato delle scuse”.

Quale è il fattore Nirmal? La positività, anche nella negatività. “È così che sono diventato il primo gurkha a entrare nelle forze speciali britanniche”.

E così ha fatto anche sul K2, senza lasciarsi demotivare dall’insuccesso altrui, facendo “un’iniezione di ottimismo” a se stesso e a tutta la squadra, pronto a provare e riprovare. “Sul K2 con la speranza, la conoscenza e l’esperienza abbiamo reso l’impossibile possibile”, non solo per sé, ma anche per i pochi altri alpinisti rimasti al campo base e che grazie al nepalese che ha attrezzato la via sono riusciti a coronare il  proprio sogno. 

Per la prima volta in assoluto, mi sono sentito come se non ce l’avessi potuta fare” confessa però Nirmal raccontando la salita sul Broad Peak. Più facile rispetto al K2, ma arrivato al termine di tre mesi in quota, undici 8000 scalati e nessuna pausa. Ma ancora una volta la determinazione mentale ha condotto Purja sulla cima, dopo meno di 48 ore dalla scalata del K2.

 

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