Alpinismo

23 volte in vetta all’Everest. Nuovo record per Kami Rita Sherpa

Lo sherpa Kami Rita ha raggiunto per la 23esima volta la vetta dell’Everest (8.850 m), battendo il suo stesso record di ascensioni complete della montagna più alta del Pianeta.

Un numero incredibile di salite, collezionate a partire dal 1994, quando Kami aveva 24 anni, con un unico anno di pausa – il 2015 – a causa del devastante terremoto in Nepal. Nel 2017 è diventato la terza persona, insieme a  Apa Sherpa e Phurba Tashi, ad aver salito l’Everest 21 volte. Nel 2018 è arrivato invece il suo record personale, a quota 22 salite.

Secondo le dichiarazioni di Tashi Lakpa Sherpa, Managing Director della Seven Summit Treks, la vetta è stata raggiunta alle 7:50 di mercoledì mattina.

Un campione non solo in termini alpinistici ma anche di umiltà, che dichiarava un anno fa, in procinto di salire per la 22esima volta la montagna, “mi eccita ovviamente la sensazione che sto per stabilire un nuovo record mondiale ma non sono sovraeccitato perché fa parte del mio lavoro”.

L’obiettivo primario di Kami è rimasto in tutti questi anni quello di aiutare nel suo piccolo a vedere riconosciuti i meriti degli sherpa, che ogni anno salgono lungo le pendici della montagna più alta della Terra, accompagnando i clienti.

Siamo pagati per il nostro lavoro, ma i soldi non sono tutto, ci aspettiamo anche del riconoscimento“ – aveva dichiarato lo scorso anno in una intervista a Republica Nepal – “Gli alpinisti ottengono nomea e fama. Che dire di quegli sherpa che lavorano per loro mettendo in serio pericolo le loro stesse vite?“.

Una questione tornata sotto al luce dei riflettori dopo l’incidente sull’Annapurna di quest’anno che ha causato la morte dell’alpinista malese Wui Kin Chin e il grave ferimento, nel tentativo di salvarlo, del suo sherpa Nima Tshering.

Di certo sono molti gli sherpa anonimi, sconosciuti, che già contano decine di ascese all’Everest. I giornali, il mondo, non ne parlano. Eppure si tratta di alpinisti competenti impegnati in una professione pericolosa e decisamente dura, essenziale per il funzionamento del macchinario delle spedizioni commerciali, il cui numero cresce vertiginosamente ogni anno.

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5 Commenti

  1. “Vivere la montagna”… lo facevano i miei nonni e gli altri , ormai vecchi, del paese. Questo è solo sport , l’alta montagna è solo lo strumento per rendere estrema la prestazione.
    Atleticamente perfetti, ma col vivere la montagna questa roba non c’entra nulla

    1. Caro Alessandro mi dispiace ma penso che la tua opinione … rispettabilissima ci mancherebbe, è davvero lontana dall ‘essere un giudizio ponderto!
      Un uomo che nasce vive e cresce su quei pendii ,fa della montagna la sua vita , a 360 gradi e se può diventare il lavoro della tua vita per portare soldi a casa e probabilmente sfamare la tua famiglia è più che legittimo .
      Al tempo stesso immagino ( sicuramente più di noi ) che questi uomini abbiamo ben chiaro cosa sia la montagna , viverla e rispettarla ! Salire un 8000 23 volte è un qualcosa che va ben oltre uno sport .
      È grazie a persone come questa che forse piano piano verrà riconosciuto il vero valore dello sherpa

    2. Non potrei essere più d’accordo, vive molto di più la montagna l’escursionista/alpinista medio della domenica.

  2. Vivere la montagna vivendo in montagna, non comporta solo exploit…anche i campioni devono attendere alla faccende della vita comune:spaccare legna, spalare neve, mungere, piastrellare o intonacare, fare il barbiere…il lattoniere.Persino gli arruolati in corpi sportivi alpinistici militari hanno anche incobenze di casermaggio, lezioni , addestramento reclute, salvataggi…ricevimento vip, PRaTICHE BUROCRATICHE , BOLLETTE SCADENZE AUTO.ECC. la piu’ pesante penso sia accompagnare autorita’ non proprio prestanti in qualche escursione da esibire poi agli elettori come segno di virilita’ed efficienza.Magari con slogan MOLTO ORIGINALE “In montagna come nella vita pubblica cerco vie nuove”

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