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Cresce il freeride in Italia e con lui le nuove generazioni

Si è da poco concluso il Bormio Freeride Festival, un evento giovane dedicato allo sci fuoripista. Già nella sua seconda edizione il festival della località lombarda è riuscito a farsi notare per la qualità del lavoro svolto, merito soprattutto di uno staff organizzativo composto da appassionati e professionisti competenti e preparati con oltre venti anni di esperienza nel mondo della neve e del freeride. Uno di questi è Andrea Galli, segretario del Bormio Freeride Asd Team, a cui abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda scoprendo realtà che ancora non conoscevamo riguardo il mondo dello sci libero.

Andrea, piemontese d’origine ma valtellinese d’adozione, lavora nell’universo dello sci da oltre vent’anni. Nel corso della sua carriera, per un noto brand internazionale, ha avuto occasione di conoscere sciatori d’ogni sorta compresi i freschi vincitori del Freeride World Tour. Li ha incontrati quando ancora erano giovani ma già mostravano i segni di un talento che avrebbe certamente lasciato il segno nella storia di questa disciplina.

 

Andrea, chi sono Markus  e Arianna…

Tutti e due arrivano dal mondo del freestyle, anche se Arianna nasce nello sci alpino poi tramutata in freestyle. Aveva un grande talento come Giorgia Bertoncini e Silvia Bertagna.

Markus fa invece parte, insieme ai fratelli Schenk, a Valentino Mori, a Davide e Raffaele Cusini dei primi veri rider freesky con un’idea più professionale, anche dell’allenamento. Già da ragazzino, tra i 15 e i 16 anni, mostrava un talento immenso. Me lo ricordo che lavorava in falegnameria e non sapeva bene come tirare avanti tra lavoro e allenamenti, poi con le vittorie nel freestyle sono arrivati i primi sponsor e da lì l’ingresso nel mondo del freeride. D’altronde se fai freestyle prima o poi ci vai sulla neve fresca, magari per qualche shooting fotografico, e una volta provata ti prende.

Markus Eder e Arianna Tricomi sono diventati freerider dopo aver praticato sci alpino e freestyle, va così per tutti?

Indicativamente si, anche perché non si tratta di un ordine facilmente invertibile. Nel senso che il freestyle lo fai anche fuoripista. Infatti, da quando sono arrivati i freestyler, il livello del Freeride World Tour ha subito una notevole impennata con salti dalle rocce ed evoluzioni importanti. Fa parte della crescita di questa disciplina che purtroppo qui da noi in Italia è arrivata un po’ tardi rispetto ad altri Paesi come, per esempio, la Francia. Nel tempo abbiamo però dimostrato di avere dei grandi talenti come i già citati Eder e Tricomi, ma anche Silvia Moser.

Foto Andrea Galli

Sci alpino-freestyle-freeride… si va ricercando sempre una maggior libertà?

Sicuramente. Sono anche convinto che dalle prossime generazioni ci saranno freerider che arriveranno direttamente dal freestyle senza passare dallo sci alpino, soprattutto da quando il freestyle è diventato disciplina olimpica. Ad esempio noi, nel nostro freestyle club di Bormio, abbiamo iniziato la scorsa stagione con bambini nati nel 2009 e 2010 per creare una base. Diventando più grandi si appassioneranno magari al freeride, o allo sci alpinismo che in questo periodo sta anche lui subendo una grande crescita. Si sale con un attrezzo più largo o magari si va a fare freeride ma con sempre un paio di pelli nello zaino, per brevi escursioni alla ricerca di un’espressione di libertà, di silenzio. Ci sono volte in cui muoversi in neve fresca è quasi come essere in alto mare con una barca a vela.

Polvere, polvere, polvere!

Il mio guru, la persona che mi ha insegnato tutto quel che so sul freeride, mi ha sempre detto che il freeride non è solo polvere. Nello sci libero vai fuori pista e prendi quello che trovi poi, se sei fortunato, trovi anche la powder. Ai bambini cerchiamo di trasmettere questo concetto, cerchiamo di insegnargli ad andare anche quando le condizioni non sono ideali. Non parlo di andare con il pericolo, quando non ci sono le condizioni di sicurezza si sta a casa. Parlo di sciare su neve non sempre perfetta, non sempre super polverosa. È utile per capire come funziona, come ci si muove e nel frattempo imparare ad apprezzare il luogo, distante dalle piste, dal traffico.

Ci dicevi che state formando per il freestyle ragazzini di 9 e 10 anni…

Si, anche se per ora senza competizioni agonistiche. Stiamo seguendo solo la parte didattica con la speranza, per il prossimo anno, di poterci allargare all’agonismo.

L’idea, con il tempo, è di costituire qui a Bormio un piccolo centro dove i giovani possano allenarsi e magari evolversi, migliorandosi. Con il tempo poi, tra i freestyler e i freerider, uno diventa il Markus Eder della situazione mentre gli altri 4 o 5 diventano le guide alpine o gli istruttori nazionali. Figure che, per assurdo, avranno un ruolo ancora più importante rispetto a quello del grande atleta. Lo sportivo d’alto livello è un’immagine, una guida o un istruttore devono invece saper insegnare la tecnica e anche la giusta mentalità con cui affrontare i pendii muovendosi in sicurezza.

Quanto impegno richiede ai ragazzi?

Il freestyle è una disciplina sportiva che prevede una certa preparazione atletica con allenamenti mirati, fatti in un certo modo e con certi orari. Così come un qualsiasi altro sport agonistico.

Per quanto riguarda il freeride invece, va detto che non si pratica fin da piccoli. Si inizia più avanti per quanto, per assurdo, la pratica può aiutare di molto i ragazzi nel migliorare la loro sciata in pista.

Foto Andrea Galli

Parliamo invece di sicurezza: stiamo discutendo di un’attività pericolosa? Quanto?

A livello di infortuni di certo non più che nello sci in pista, forse anche meno.

A livello di pericolo dipende. Spesso i pericoli te li vai a cercare. Se le cose sono fatte nel modo giusto tutto resta confinato in quella che è la normalità. Anche in macchina puoi tamponare o puoi far un incidente sul motorino come anche puoi essere investito mentre attraversi sulle strisce pedonali.

Nel freestyle e nel freeride non c’è nulla di estremo.

Cosa ti insegna il freeride?

Lo stare in gruppo e una filosofia di rispetto. Rispetto per il prossimo e per la natura, per il territorio, per la montagna. Rispetto anche per se stessi perché, a volte, l’adrenalina che puoi avere nel freeride va controllata. A volte ti porta ad avere paura, ma deve essere quella paura giusta che ti fa ragionare nel modo corretto senza farti correre rischi inutili.

Cosa pensi del freeride alle Olimpiadi? Secondo te può seguire la stessa strada del freestyle?

Quando ai tempi del freestyle i più radicali non lo volevano alle Olimpiadi io ero tra quelli che invece lo promuovevano. Credevo fosse importante per l’immagine di questa disciplina e per tutta una serie di conseguenze che derivano dall’essere uno sport olimpico. Per il freeride penso invece che le cose siano diverse e più complicate, onestamente non saprei giudicare. Forse non la vedo come una disciplina olimpica, ovviamente parlo per me.

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Un commento

  1. Che fine ha fatto
    il piu’ modesto sci di fondo escursionistico?? Sci appositi con lamine, scarpe e pelli di foca strette e itinerari e manuali Cai …esistono ancora.Gli adepti anche ma sono discreti e non si fanno pubblicita’.Forse non e’neppure un male.

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