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Urubko, Bielecki, Bargiel tra i nomi degli “Adventurers of The Year 2019” di National Geographic

Come ogni anno il National Geographic ha decretato i sei “Adventurers of the year”, i personaggi che nel corso di un anno sono stati in grado di porsi come fonte di ispirazione per scrittori, fotografi, filmmaker e atleti attraverso le proprie imprese audaci, talvolta da record.

Il 2018 è stato un anno sensazionale dal punto di vista delle molteplici avventure che hanno tenuto col fiato sospeso o gli occhi puntati all’insù il mondo intero.

Per citare giusto pochi esempi, nel campo dell’arrampicata abbiamo visto andare ben due volte in frantumi il record di velocità di salita di El Nose, su El Capitan, per mano della super coppia formata da Alex Honnold e Tommy Caldwell, che sono stati in grado di chiudere la via in 1 ora 58 minuti e 7 secondi. In Himalaya ci siamo entusiasmati di fronte alla tenacia di David Lama, che dopo tre tentativi estenuanti, ha messo a segno la prima ascesa in solitaria del Lunag Ri (6895 m) in Nepal.

Il mondo dello sci estremo ha visto come protagonisti Hilaree Nelson e il suo compagno Jim Morrison, impegnati nella prima discesa integrale del Lhotse (8516 m) in Himalaya.

In Antartide Colin O’Brady ha portato a termine il suo attraversamento del continente in solitaria senza ausilio di vele o cani e in assenza di guide e rifornimenti. Impresa che ha scatenato non poche polemiche.

Tutta questa introduzione per dirvi che i nomi sopracitati non sono nella rosa dei vincitori.

Scopriamo allora insieme quali sono state le imprese che davvero hanno segnato l’anno passato, lasciando di certo anche un’impronta nella storia.

Iniziamo con due nomi che non potevamo non attenderci di trovare in lista, quelli del polacco Adam Bielecki e del kazako Denis Urubko, artefici dello strepitoso salvataggio di Elisabeth Revol sul Nanga Parbat nel febbraio 2018, mentre erano impegnati nella spedizione polacca coordinata da Krzysztof Wielicki sul K2. Una storia di audacia e amicizia, in cui i due alpinisti hanno sacrificato la loro possibilità di entrare nella storia dell’alpinismo, portando a segno la prima invernale della seconda montagna più alta del Pianeta, per correre in aiuto di due alpinisti in difficoltà. Riuscendo infine ad effettuare il salvataggio estremo di Elisabeth, scalando oltre 1000 metri in 8 ore per raggiungerla, senza però riuscire, con grande rammarico, a portare in salvo Tomek Mackiewicz, rimasto sulla sua amata montagna dopo averne finalmente raggiunto la vetta attraverso la via Messner-Eisendle.

Non c’è da stupirsi di un terzo nome nella lista, quello di Andrzej Bargiel, autore della prima discesa dalla vetta del K2 con gli sci. Un’avventura da molti considerata l’ultima frontiera dello sci estremo.

A seguire Maureen Beck, nata senza l’avambraccio sinistro ma diventata una campionessa del mondo per le sue imprese da para-climber.

E ancora Heather “Anish” Anderson, una delle più abili escursioniste di tutti i tempi, prima donna ad aver percorso l’Appalachian Trail, il Pacific Crest Trail e il Continental Divide Trail (la celebre Triple Crown of Hiking) in un solo anno.

Barbara Zangerl, altro nome femminile forse sconosciuto ai più, un giovane fenomeno austriaco nel mondo dell’arrampicata, prima donna ad aver scalato in libera la seconda via più difficile di Yosemite, la Magic Mushroom.

E per concludere andiamo nel mondo sotterraneo con la grande impresa della squadra internazionale di sommozzatori, soccorritori, medici ed esperti che si è prodigata nel salvataggio dei giovani calciatori bloccati nella grotta Tham Luang in Thailandia. Una corsa contro il tempo per portare in salvo i ragazzi prima che le piogge monsoniche colmassero di acqua le caverne.

 

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2 Commenti

  1. Denis Urubko e Adam Bielecki con Simone Moro; vorrei tanto vedervi in cima al K2 il prossimo inverno. Intanto tantissime felicitazioni per il premio accordatovi.

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