Storia dell'alpinismo

Jerzy Kukuczka, 29 anni fa la tragica scomparsa

“La vita mi ha riservato qualcosa di grande, di bello e di inaspettato. Ho avuto la fortuna di essere la moglie di Jerzy Kukuczka e di accompagnarlo per alcuni anni della sua vita. Ho potuto osservare da vicino i successi, le cadute, le incertezze, i momenti gioiosi e quelli difficili della vita che si era scelto. In Jurek sono riuscita a scoprire nuovi valori, che mi hanno legata a lui in modo sempre più stretto” scriveva Cecylia Kukuczka a venti anni dalla scomparsa del compagno Jerzy con cui ha condotto una vita breve ma intensa, piena di amore. Una vita spezzata alla soglia dei quarant’anni da una corda usurata, comprata in qualche mercato di Kathmandu come nella migliore e fedele tradizione alpinistica polacca. Una fune vecchia, marcia, che non è stata in grado di reggere il peso di Jerzy mentre scalava l’inviolata parete Sud del Lhotse. Si trovava a circa 8200 metri di quota quando la presa divenne labile e il vuoto lo colse facendolo precipitare per oltre 3000 metri.

Star qui ad elencare il suo curriculum alpinistico sarebbe ridondante e inutile. Kukuczka è stato uno dei più forti di tutti i tempi, forse il migliore, certamente il più grande. Con le sue salite ha fatto sognare una generazione di alpinisti. In soli 8 anni ha portato a termine la salita dei 14 Ottomila, divenendo il secondo uomo a farlo dopo Reinhold Messner che però ci aveva messo quasi il doppio del tempo. Il suo ultimo Ottomila e stato lo Shisha Pangma nell’87, salito per una nuova via come aveva già fatto altre sei volte su quattordici, senza dimenticare le 4 salite invernali. A chi gli chiedeva cosa trovava nella montagna rispondeva: “in un mese di vita intensa tra le montagne si vivono molti anni. È una occupazione per uomini bramosi di vivere e di vita, noi uomini, ne abbiamo troppo poca”.

I vecchi alpinisti polacchi lo rimpiangono e i giovani lo ricordano.  Il suo spirito rimane vivo nella memoria, anche di chi non l’ha conosciuto. Era il più grande, difficile poterlo scordare. La moglie Cecylia continua a tenere vivo il suo spirito attraverso la cura del piccolo museo  “Izba Pamieci Jerzego Kukuczki” a Istebna dove si trova la casa di montagna della famiglia Kukuczka. “Nonostante siano già passati tanti anni, per me è ancora difficile dar sfogo al dolore e sopportare la sua mancanza” ricorda ancora Cecylia.

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8 Commenti

  1. “Kukuczka è stato uno dei più forti di tutti i tempi, forse il migliore, certamente il più grande”
    La prima affermazione ci può stare, la seconda e la terza mi sembrano un tantino eccessive.

        1. Concordo, nessuno ha fatto di meglio (almeno in Himalaya), e consideriamo i tempi in cui si sono svolte le sue imprese…

  2. Ma il nome Messner non vi dice niente? Ricordiamoci sempre che tutto ciò che è stato fatto dopo è perchè lui l’ha fatto prima. Prima in stile alpino di un 8000 per via nuova, prima salita dell’everest senza ossigeno, prima solitaria integrale di un 8000 con via nuova replicata poi sull’everest per una via parzialmente nuova ed in periodo monsonico, primo concatenamento di due 8000 senza interruzione, diverse vie nuove e tutti i 14 8000 senza ossigeno. Mancano solo all’appello le invernali. Nessuno lo può eguagliare non foss’altro perchè è stato il primo a fare tutte queste cose quando ancora non si sapeva se fossero possibili.

  3. Non solo i fatti riportati da Giampiero ma le idee nuove dietro queste salite sono inarrivabili; anche al pur straordinario Kukuczka.

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