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Stelvio, apre la caccia al cervo – di Stefano Ardito

Al termine della stagione dei bramiti e degli amori, per i cervi del Parco Nazionale dello Stelvio arriva la stagione dei fucili. Dal 15 ottobre al 16 dicembre, i cacciatori dei tre settori del versante altoatesino del Parco (Val Martello, Gomagoi-Trafoi, Val d’Ultimo) avranno via libera per abbattere qualche centinaio di cervi. 

Parco Nazionale dello Stelvio, foto Stefano Ardito

La popolazione di cervi nel Parco dello Stelvio è eccessivamente numerosa, e dev’essere regolata” spiega una nota della Provincia Autonoma di Bolzano, ripresa con grande evidenza dall’ANSA. 

L’obiettivo è ridurre la densità della popolazione dei cervi, per ricomporre gli equilibri ecologici, e prevenire l’impatto sull’attività agricola e sulla rinnovazione del bosco” prosegue la nota. “La consistenza del prelievo è stata approvata dall’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale”. 

L’iniziativa della Provincia di Bolzano è stata duramente criticata dalla Lega Anti Vivisezione. “Si tratta di una delle tante regalie nei confronti dei cacciatori altoatesini” spiega un comunicato della LAV. “L’uccisione dei cervi, oltre a essere un atto inutile e di violenza inaudita, avrà come effetto secondario quello di costringere i lupi a rivolgersi verso altre prede, forse gli animali domestici che pascolano negli alpeggi”. 

L’Ortles, foto Stefano Ardito

Per capire il problema è necessario conoscere due cose. La prima è che il Parco dello Stelvio, anche se ha mantenuto l’aggettivo “nazionale”, da qualche anno è una federazione tra un Parco regionale della Lombardia e due aree protette delle Province di Trento e di Bolzano. 

Nei parchi di entrambe le Province autonome, dall’Adamello-Brenta fino al Catinaccio-Sciliar e alle Tre Cime, la caccia di selezione agli ungulati (cervo, camoscio, capriolo) è sempre stata praticata. 

La seconda notizia che è importante sapere è che il cervo, un animale di straordinaria eleganza, non è una specie particolarmente protetta in Italia, e viene normalmente cacciata in molte zone delle Alpi e dell’Appennino.  

Duello tra cervi, foto Provincia Autonoma di Trento

L’ultimo censimento dei cervi italiani parla di circa 73.000 esemplari, metà dei quali vive sulle Alpi orientali. In molte zone i censimenti non si fanno, quindi il numero effettivo è certamente superiore” spiega Francesco Riga, lo zoologo che si occupa delle specie per l’ISPRA.

I cervi reintrodotti negli ultimi decenni, che provengono dall’Europa centrale e dalla Francia, hanno preso il posto dei cervi autoctoni italiani, che erano più piccoli e frugali” aggiunge Sandro Lovari, zoologo dell’Università di Siena, grande esperto di cervi, camosci e stambecchi.

L’aumento del numero dei cervi, molto apprezzato da escursionisti e fotografi, rende sempre più facile tra settembre e ottobre ascoltare i bramiti nelle valli appenniniche e alpine. Per l’ambiente, però, può rapidamente diventare un problema.

Nel Parco dello Stelvio e nelle zone vicine, dove vivono oltre 10.000 cervi, i camosci hanno meno erba da brucare, e da qualche anno il loro numero all’interno del Parco sta calando” spiega lo zoologo trentino Luca Pedrotti, coordinatore scientifico dell’area protetta. 

I cervi distruggono il sottobosco, causando la sparizione del gallo cedrone e del gallo forcello. Mangiano larici e abeti appena spuntati, impediscono il rinnovo della foresta, causano seri danni economici ai boscaioli e ai Comuni” prosegue il ricercatore. 

Il Parco deve mantenere un equilibrio” aggiunge Pedrotti. “Gli abbattimenti di cervi sono iniziati nel 1998 nel settore altoatesino dello Stelvio e nel 2012 in quello lombardo. Si tratta di abbattimenti selettivi, compiuti da cacciatori locali che hanno superato un corso. Ma sempre di fucilate si tratta”. 

Cervo nel Parco dello Stelvio, foto Stefano Ardito

Tra qualche anno, come ipotizzano alcuni zoologi e il comunicato della LAV che abbiamo citato all’inizio, una presenza maggiore del lupo potrebbe ridurre il numero dei cervi sulle Alpi, e far disperdere i grandi branchi che causano i danni più gravi ai boschi. 

Oggi però la situazione è diversa. Il lupo, stabilmente presente sulle Prealpi venete e trentine e in alcune zone delle Dolomiti, nel Parco dello Stelvio e nelle zone limitrofe è ancora molto raro. 

Non c’è dubbio, specie in un periodo preelettorale come questo, che l’amministrazione provinciale di Bolzano ci tenga ad avere buoni rapporti con i cacciatori. Nella situazione attuale, però, anche molti esponenti del mondo ambientalista accettano le fucilate dello Stelvio come un male minore. 

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6 Commenti

  1. Quindi fateci capire, se decidiamo di fare escursioni in montagna in autunno per goderci la bellezza e la pace tipiche di questo periodo, nemmeno in un “parco nazionale” possiamo essere sicuri che non ci ammazzano sparandoci addosso? E’ la triste realtà di quanto accade in questi giorni…Nella società profetizzata dal grande Orwell, ci dovremo abituare a “sragionare”, a pensare, come ci imporrà di fare la “psicopolizia”, che la “guerra è pace e la pace è guerra”; ecco…già ci siamo, un massacro di animali selvatici viene definito “prelievo” e un “parco” diventa periodicamente una riserva di caccia per i soliti personaggi che godono e si divertono quando uccidono (definizione di cacciatore). Mi sembra di sentire quel tale che parla sempre, un famoso “grande alpinista”, esempio di corenza ideale e culturale…Quanto ai pareri dei vari ricercatori, che, in teoria, dovrebbero servire a tutelare e a difendere la fauna selvatica che dire… oltre a un certo senso del patetico, li dobbiamo capire se si vogliono avere certe consulenze da certi enti con certi indirizzi politici, si dovrà pur tirare l’ acqua al proprio mulino…Arrivederci alla prossima pubblicità delle Regioni coinvolte, con immagini di animali selvatici e vallate incontaminate, per attarrre i turisti, altro che massacri e vari impianti idroelettrici, la cruda realtà.

  2. Bisognerebbe fare corsi di aggiornamento ai lupi, per convincerli a cacciare solo prede in eccesso, invece si rivolgono alle carni meno faticose da braccare di animali poco aggressivi.Comunque sono allo studio vari accorgimenti per proteggere gli animali allevati( reti elettrificate mobili , cani da pastore e persino dispositivi rilascianti odori repellenti per i predatori).Purtroppo per gli escursionisti una limitazione.
    Esperienza mia personale e di un compagno: volevamo raggiungere un bivacco sul Latemar con lampade frontali al chiaro di luna piena..a mezzanotte si udirono spari e sibili di pallottola…avevamo dimenticato che allo scadere della mezzanotte incominciava la stagione di caccia in quella zona.La Luna piena favoriva noi ma pure i cacciatori ansiosi di battere la concorrenza , causa il numero limitato concesso di capi da abbattere e far registrare Trovammo una baita aperta col muretto a mezza altezza ed attendemmo l’alba e poi ci ritirammo.
    Incontrammo sul sentiero
    un guardiacaccia appostato con binocoletto e pistoletta giocattolo che ci fece aprire gli zaini… lasciati liberi, molto oltre ..trovammo cacciatori con binocoli ultraluminosi con visione notturna e fucili con mirino telescopico laser e calibri da lunga gittata, pure tutti cesellati… avevano intravvisto la guardia da chilometri di distanza.Un loro servitore portava un camoscio in un mega zaino..dissero che era tutto in regola, sarebbero passati e registrarlo e pure dal veterinario per l’ispezione carni ed interiora, gia’levate e conservate a parte.
    In altra gita…un cacciatore accompagnato da Guardie forestali per abbattimento programmato, feri’due volte un lontano capriolo e le guardie piu allenate dovettero finirlo.Comunque ora che vivo in pianura, ogni giorno la cronaca riporta casi di masserie di campagna raggiunte da pallini e pure feriti agli occhi …ma siccome le lepri si sono abituate alle periferie erbose fuori zona cosntita alla caccia , almeno li’ si vedono correre tranquille, salvo trappole eventuali di qualche bracconiere.

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