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GIV, tragica celebrazione del capolavoro alpinistico di Bonatti, Mauri, Cassin…

Sono bravi, perdonate il presente, e ci stavano provando con determinazione, nonostante ai Gasherbrum e sul Baltoro da giorni l’instabilità atmosferica e la neve fossero quotidiani.

Sono arrivati a 7000 metri sulla via che Bonatti, Mauri e compagni aprirono 60 anni fa arrivando alla sommità della “montagna di luce”. Una via rimasta intonsa, mai violata da mani e piedi che non fossero quelli dei primi e mitici di uomini che sono la storia e la cultura delle montagne.

Che i tre ragazzi della scuola Militare Alpina di Aosta, Maurizio Giordano, Marco Majori e Marco Farina – accompagnati da Daniele Bernasconi, l’”anziano” di grande esperienza e carriera -, volessero fare una grande via classica in Karakorum e che avessero scelto la via degli italiani del ‘58 era segno che erano pronti, di testa, gambe e cuore per il grande alpinismo sugli 8000 metri.

Una strada percorsa con grande prudenza, non sempre con fortuna e anche stavolta la “sfiga” ci si è messa di mezzo per rovinare il sogno, nel modo peggiore e tragico.

Quando Daniele qualche tempo fa mi ha telefonato annunciandomi che partiva per una spedizione, che andava al GVI sulla via di Bonatti e Mauri, mi si era spalancato il cuore e nell’entusiasmo gli avevo detto che sarei andato al Base con lui. Era bello rivederlo in azione dopo l’incidente alla schiena che lo aveva provato non poco, bello che lo facesse con un gruppetto di giovani “che aveva voglia” di fare qualcosa di prezioso. Non una “normale”, ma una gran via. Prestai a Daniele il libro, originale, che Maraini scrisse al seguito dell’impresa del ‘58 con la promessa che me lo avrebbe restituito prima di partire. Gli ho dato anche il telefono satellitare con l’impegno, non mantenuto da parte sua (ma è normale), che mi avrebbe dato il numero del telefono e che qualche volta avrebbe risposto. Ma Daniele oltre a essere un pochino selvatico è anche restio, diciamo così, alla comunicazione.

Mercoledì la notizia data dai nostri alpini di Aosta che Maurizio Giordano, 32 anni, caporal maggiore dal grande amore per le montagne, ed evidentemente non solo, aveva subito un incidente, una scarica di ghiaccio, un blocco lo aveva colpito e ucciso.

Tra campo 2 e l’1, mentre scendeva verso il tranquillo campo a 5.900 dove ci si ferma per un te prima di riprendere il percorso verso il base. Il tempo era da qualche giorno instabile, nevicava. Meglio riparare sotto le confortevoli tende del Base.

Maledizione alla sfiga.

Agostino Da Polenza, nel 1985, a Campo 1 dei gasherbrum

Ci son passato un po’ di volte sotto il G1 e il G2, ormai tanti anni fa, ero molto giovane; ho però nitido il ricordo di quel plateau a 5900 metri tra il G1 e il G2, due colossi che si fronteggiano e che noi di “Quota 8000” salimmo nel 1985 non senza incorrere in un incidente che ci blocco per alcuni giorni sul G1 a 7500, costringendoci ad un recupero con l’elicottero da campo 1 dopo essere scesi con le nostre gambe. Avemmo fortuna. Mi par di sentire la voce del Gianni Calcagno, che con tono brusco e poca influenza genovese, ci diceva di toglierci da sotto i seracchi del G1 e di allungare il passo. Raccomandazione che è valsa per sempre e che son sicuro gli alpini e il “vecio” Ragno avevano fatta loro. Troppo esperti e prudenti.  

Ma è accaduto, ancora una volta.

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4 Commenti

  1. Sig. Da Polenza, non penso che siano andati per celebrare quella salita. L’alpinismo duro non ha niente a che fare con una partita di calcio o un ritrovo di amici. Per coincidenza c’era un anniversario ma non si va su certe montagne per celebrare ma solo per salirle o risalirle. Quel verbo a me pare fuori luogo

  2. generalmente i titoli non vengono scelti dallo scrivente, l’articolo mi sembra estremamente rispettoso.

    Purtroppo rimane quel brutto vizio dei titoli “claim”, montagna.tv ci rifletta sopra.

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