Alpinismo

Agostino Gazzera: una storia d’alpinismo mordi e fuggi

L’alpinismo mordi e fuggi è una storia d’oggi? Si tratta di un fenomeno nato negli ultimi anni? Ritornando indietro con la memoria non sembra affatto, anzi. Le cronache alpinistiche regionali sono ricche di curiosi personaggi che affrontavano le cime alpine con uno stile tutto loro, uno stile che oggi chiameremmo “mordi e fuggi.

Un tempo era tipico muoversi economicamente, con poca attrezzatura, magari condivisa. I gruppi per le uscite erano spesso formati da quello che aveva la corda e da quello che aveva i chiodi in modo da riuscire, insieme, ad avere tutta l’attrezzatura necessaria.

Ma torniamo al tema dell’articolo, a quel tipo di alpinismo che pare essere sempre esistito. Quello per cui il sabato pomeriggio o la domenica mattina gli appassionati mollavano la loro veste lavorativa per darsi alla scoperta delle montagne che li circondavano. Capitava spesso. Una delle storie più emblematiche delle nostre Alpi è quella di Agostino Gazzera, per tutti quelli che lo conoscono “Gustin”.

Agostino, oggi ottant’enne, è un ex operaio FIAT appassionatosi alla montagna in tempi di carestia, durante la fame del dopoguerra. Anni in cui si lavorava più che pensare a divertirsi. Si lavorava sempre, anche la domenica. Gustin stava in fabbrica diciassette ore al giorno per mantenersi e mantenere la famiglia, ma questo non gli ha impedito di vivere la montagna e praticare alpinismo. Un alpinismo mordi e fuggi a cui si è avvicinato gradualmente, prima andando a vedere le montagne con la sua bicicletta poi iniziando a salirle.

Partiva da Torino e pedalava fin dove possibile. Poi oltre, dove la bici non poteva arrivare. Partiva e andava. Così ha scalato il Monviso, la cima più alta delle Alpi Cozie. Così, un giorno, ha deciso di scalare il Cervino.

Era il 1949 quando Gustin partì da Torino dopo la fine dell’orario lavorativo e, in sella alla sua bicicletta, pedalò fino a Cervinia intenzionato a scalare la Gran Becca. Con in tasca solo una vecchia cartolina a tracciare la strada iniziò la salita. Impiegò ventiquattro ore per salire e scendere e, una volta a valle non ebbe tempo per riposarsi.

Il lavoro in fabbrica non ammette ritardo così, in sella alla sua bici riparte immediatamente, destinazione: catena di montaggio.

Quel giorno il nostro alpinista “mordi e fuggi” arriverò in fabbrica con mezz’ora di ritardo prendendosi i rimproveri del capo-squadra.

 

Una storia d’alpinismo “mordi e fuggi” portata all’esasperazione. Un racconto di quasi sessant’anni fa per dire che quest’alpinismo non sempre va condannato come qualcosa di negativo. Gustin non avrebbe mai potuto realizzare il suo sogno se non grazie a questo tipo di alpinismo e, probabilmente, come lui molti altri. Le Alpi sono ricche di queste storie romantiche. Storie che fanno sorgere domande su questo alpinismo “veloce”, su questo stile da toccata e fuga. Quesiti semplici come: sarà forse la preparazione alpinistica dei praticanti più che la velocità d’ascensione il vero problema? Rispondere è difficile, a volte impossibile. Lassù bisogna esserci per dare una risposta, bisogna osservare quel che accade per poter opinare.Quel che è certo è che l’alpinismo cosiddetto “mordi e fuggi” non è un’invenzione dei nostri giorni, son solo aumentati i “praticanti”. È sempre esistito e anche in questo caso bisogna discernere tra un caso e l’altro, bisogna osservare prima di giudicare e condannare gli “highlander che arrivano dalle metropoli”.

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5 Commenti

  1. OK, avete ravanato negli archivi più nascosti per trovare una storia adatta a giustificare gli highlanders milanesi… Però gustin non era monturato e non girava col SUV 😉

    1. @Busto : svegliato male?
      Non è una storia “ravanata negli archivi”, è una storia bellissima che fa sognare e che centre il punto: non è il mordi e fuggi a fare danni, è la troppo spesso scarsa preparazione.
      Grazie per aver estratto dalla miniera questo bel diamante.

  2. anche Hermann Buhl si spostava in bicicletta ….
    e qua da me si dormiva in una galleria della strada di guerra …. ora strada statale
    mandi

  3. All’epoca c’era uno stato di necessita’(altro che storie romantiche…) che poteva giustificare il mordi e fuggi. Oggi nessuno lavora 17 ore di fila in fabbrica… Di cosa stiamo parlando…????

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