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Renato Cresta: gli O’Bellx sono un’ottima soluzione. Altrimenti chiudiamo i Prati di Tivo – di Stefano Ardito

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Renato Cresta

Sulla vicenda dei Prati di Tivo, e degli O’Bellx ai piedi del Corno Piccolo, interviene uno dei massimi esperti di neve e valanghe italiani. Con le sue posizioni, a sorpresa, Renato Cresta non si schiera dalla parte di chi, la guida Pasquale Iannetti, lo ha tirato nel dibattito a maggio. 

Già nei primi anni Ottanta, ricorda in questa intervista, aveva proposto l’uso dell’esplosivo per far staccare la neve ai piedi del Corno Piccolo prima che potesse diventare pericolosa per le piste, gli sciatori e gli alberghi.

Renato Cresta, nato nel 1936 a Genova, è stato ufficiale degli Alpini, poi Maestro di sci alpino e di fondo, Guida escursionistica, membro del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e consigliere del Servizio Valanghe Italiano. 

La qualifica di Esperto in Nivologia gli ha portato docenze alla Scuola dello Sport di Roma, consulenze per società di impianti a fune ed enti locali, e incarichi da parte di tribunali. Oltre a vari libri dedicati al Monte Rosa e alle sue valli, ha scritto il manuale CAI Nivologia-L’esplosivo e la neve e due manuali (La neve e le valanghe, 1993, e Neve-Compendio di Nivologia, 2014) pubblicati da Mulatero Editore.

 

Quando ha visitato i Prati di Tivo?

Per la prima volta nel 1978, dopo una valanga importante. Mi ha cercato la società che gestiva gli impianti, ho presentato loro una relazione scritta, ho incontrato il vice-Prefetto di Teramo. Negli anni Ottanta sono tornato più volte.  

Poi è stato coinvolto nel progetto per gli impianti di risalita a Campo Pericoli, che sono stati bloccati da appelli e manifestazioni ambientaliste. 

E’ vero. La Provincia di Teramo voleva costruire gli impianti, io ho presentato una relazione sul pericolo di valanghe in Val Maone, sia dal lato del Vallone dei Ginepri sia da quello del Pizzo d’Intermesoli.

Era ancora ufficiale degli Alpini?

No, mi ero congedato da più di dieci anni, con il grado di capitano. In quegli anni mi occupavo degli impianti di risalita di Macugnaga. 

La guida alpina Pasquale Iannetti, nel suo appello contro l’installazione degli O’Bellx, scrive che lei aveva proposto di realizzare dei terrapieni per deviare la neve. 

Mi dispiace ma non è vero. I terrapieni, ai piedi di pendii così ripidi, dovrebbero essere grandi come colline. 

Cosa ha proposto, invece?

Ho suggerito di costruire una piccola teleferica orizzontale, dall’arrivo della seggiovia verso la base del Corno Piccolo. Un cavo poggiato su un paio di cavalletti, in grado di portare piccole cariche di esplosivo. 

Insomma, una versione casareccia dei Gasex e degli O’Bellx di oggi…

Se vuole li può definire così. Da allora la tecnologia ha fatto dei passi da gigante.  

Con gli O’Bellx si possono mettere in sicurezza i Prati di Tivo?

Mi permette una precisazione sui termini? “Mettere in sicurezza” non mi piace, fa pensare a una sicurezza totale che in montagna non ci può essere. Diciamo che si può ridurre moltissimo il rischio. 

E quindi? Gli O’Bellx? 

Mi sembrano un’ottima soluzione. Altrimenti la cosa più seria da fare è chiudere i Prati di Tivo. 

Lei conosce zone dove gli O’Bellx sono già stati installati? 

Ad Alba, frazione di Canazei, ne sono stati installati 16. Il sindaco e i suoi tecnici mi hanno chiesto suggerimenti su dove metterli, però mi sembra che abbiano fatto un ottimo lavoro da soli. 

Il business del turismo invernale a Canazei è molto superiore a quello dei Prati di Tivo. Non le sembra che due milioni di euro siano una cifra molto elevata?

Forse sì, ma si tratta di materiali costosi. Forse, prima di installarli, si potrebbe pensare a un’altra soluzione…

Quale? 

Esistono droni in grado di portare delle piccole cariche di esplosivo. Quelli attuali, approvati dall’ENAC (l’Ente Nazionale dell’Aviazione Civile, ndr) riescono a spostarsi in linea retta, fino a circa un chilometro dal punto da cui vengono controllati. 

Quanto esplosivo possono trasportare?

Una carica alla volta, di ossigeno e idrogeno come quelle degli O’Bellx. Il drone si ferma, cala un cavo con la carica, la molla a due metri dalla neve. Ogni rotazione richiede 3 o 4 minuti. 

Ai Prati di Tivo potrebbero funzionare? 

Se il controllo è all’arrivo della cabinovia, un chilometro dovrebbe permettere al drone di costeggiare l’intera parete Nord del Corno Piccolo. I problemi possono essere il vento, che al Gran Sasso è sempre molto forte, o le correnti d’aria lungo i canaloni e la parete. Ora si stanno progettando dei droni più grandi e stabili. 

Quanto si spenderebbe?

Circa 60.000 euro, e sarebbe un bel risparmio rispetto ai due milioni degli O’Bellx. Ma, le ripeto, non sono sicuro che ai piedi del Corno Piccolo funzioni. Si potrebbe provare per un inverno con il drone, e poi decidere. 

 

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4 Commenti

  1. A differenza di quanto enfatizzato nel titolo, mi par di capire che il Cresta sottolinei ben altro riguardo agli O’Bellx, ovvero, cito: “si tratta di materiali costosi. Forse, prima di installarli, si potrebbe pensare a un’altra soluzione…”” , e cioè droni, che costerebbero circa 34 volte meno degli O’bellx, oltre a avere un impatto fisico e visivo pari a zero.
    Anche perché molto più delle disquisizioni tecniche, che hanno valore forse in Trentino Alto Adige o a Davos o Megève, in Abruzzo valgono le considerazioni fondate sulla fallimentare politica di gestione e rispetto del territorio montano degli ultimi decenni.

    1. E’ esattamente quello che ho pensato io. In definitiva, prima degli O’bellX, si poteva pensare a delle rotazioni di elicotteri (quante volte, in una stagione invernale media, sarebbe necessario il disgaggio?!?!!?) già più economici del sistema ora in essere e già danneggiato, e all’alternativa, ancora più economica dei droni.

  2. C’è stato un poco di confusione: il drone non porta cariche di esplosivi gassosi (ossigeno e idrogeno) ma si un esplosivo a base di perclorato di potassio ed alluminio, che assicura una pressione dei gas sulla neve elevatissima e più duratura degli esplosivi convenzionali (dinamiti). Questi esplosivi sono classificati di V categoria ed sono soggetti ad una normativa meno rigorosa degli altri esplosivi. Basti pensare che, dopo autorizzazione della Questura, un “fochino” può conservarne sino a 25 in un arrnadio corazzato che, al limite, può essere sistemato anche in casa. Il vantaggio? Avere sempre ad immediata disposizione una decina di cariche per interventi tempestivi, invece di attendere che l’esplosivo giunga dal deposito, che sovente è a decine o centinaia di chilometri di distanza.

  3. Grazie per il chiarimento! E grazie per aver parlato di alternative, anche se ormai il sistema c’è già, con il suo impatto paesaggistico e, soprattutto, l’enorme costo sulla collettività in termini di avviamento, manutenzione e, ora, anche ripristino a seguito di danneggiamento.

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