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Dov’è Gian Piero Motti?

“Ormai è molto lontano. Tra i giovani non c’è nessuno che ne parla” afferma Federica Mingolla nel film “Itaca nel Sole, cercando Gian Piero Motti”. Non se ne parla, è vero. Non si narrano più storie legate a quel giovane torinese, quello andato prima del tempo. Quel figlio di un’epoca di cambiamenti, del ’68 volendo. Dell’anno in cui l’alpinismo iniziava a prendere coscienza di se, del fatto che salire con scalette, chiodi a pressione e altri orpelli tecnologici non era forse il miglior modo per affrontare le pareti. “Si sentiva che dovevamo staccarci da quello che era diventato l’alpinismo, perché lo si vedeva come una specie di prigione” spiega Alessandro Gogna. Le parole di Gian Piero “toccavano nervi scoperti” aggiunge Enrico Camanni a questa descrizione del periodo storico in cui si inserisce la figura di Motti.

Il film introduce bene il contesto grazie alle testimonianze dei già citati Gogna, Camanni, Gobetti e a quelle più intime di Manera o Re. È un film interessante che riesce a dare un’infarinatura di quello che è il personaggio, che lo racconta nelle sue sfaccettature e che ne ripercorre la più nota tra le sue vie al Caporal “itaca del sole” da cui trae titolo la pellicola. Ma la sua storia non sta nelle pennellate su roccia. “Gian Piero è nei suoi libri” afferma Camanni, ed è vero. Motti risolveva problemi, dilemmi alpinistici e non grazie alla scrittura, grazie alle parole che oggi forse si perdono al vento in favore di altri mezzi espressivi e comunicativi. Sarà forse per quello che oggi di Motti non si sente più parlare?

 

“Tutto è iniziato da un suo scritto, da I Falliti” racconta Fabio Mancari, regista insieme a Tiziano Gaia, del documentario dedicato a Gian Piero Motti. “Quando ho preso il mano quel testo ne sono rimasto impressionato. Il suo modo di scrivere era completamente diverso da quello degli altri giornalisti. Lui era un vero scrittore tant’è che più avanti sarebbe stato chiamato il Cesare Pavese della montagna. Da qui l’idea di lavorare sul personaggio”.

Come avete fatto a ricostruire il personaggio di Motti?

Ci sono state delle difficoltà perché, per ovvie ragioni, non abbiamo potuto dialogare con il protagonista e non avevamo nemmeno materiali di partenza.

Prima della sua dipartita Motti decise di fare un grande falò con tutto il suo materiale fotografico. 4000 diapositive andate in fumo.

Ci siamo così trovati davanti ad un grande interrogativo: come ricostruire una storia senza materiale?

Come?

Scegliendo di impostare il film come una ricerca. Per questo il sottotitolo è “cercando Gian Piero Motti”. Abbiamo deciso di cercarlo attraverso le testimonianze delle persone più vicine a lui ed è stato un percorso travagliato. Travagliato nel senso che noi, dopo aver conosciuto il nipote di Motti, avremmo voluto che fosse lui a fare questa ricerca poi però la famiglia ha deciso di non comparire, di non partecipare al film lasciandoci però libertà di lavorare intuendo la bontà di quanto volevamo raccontare.

Cosa possiamo trovare nel film?

Non si tratta di una pellicola dedicata agli scritti o al pensiero di Motti. L’obiettivo è quello di raccontare l’uomo. Si tratta di una pellicola che colpisce gli amanti della montagna, ma che impressiona anche chi è scevro di queste conoscenze.

 

Dov’è Gian Piero Motti? questa è la domanda ci siamo posti guardando il film. Quello che ne esce è forse un ritratto un po’ sterile, ma la colpa di questo non va certo ai registi. Gian Piero è un personaggio complesso da raccontare e farlo senza avere materiale di partenza, senza avere foto e documenti, lo è ancora di più. é difficile scrivere e raccontare di Motti, figuriamoci trasformarlo in pellicola. Ai due registi va certo dato il merito di averci provato e di non essersi arresi. Questa pellicola sarà certamente utile ai più giovani, a quelli che Motti non l’hanno mai sentito nominare o a quelli che non si sono mai incuriositi alla storia di questo giovane torinese. Qui dentro potranno scoprire qualcosa in più.

Motti era un personaggio che sapeva andare oltre il periodo storico fondendo nel racconto dell’alpinismo la filosofia e il pensiero moderno, senza però mai fare voli pindarici azzardati, ma rimanendo sempre con i piedi per terra. Sarà forse per questo che Gian Piero (con la n) è diventato il punto di riferimento di quelli che sono stati, e sono tuttora, i nomi dell’editoria di montagna torinese. “Gian Piero era unico” ci ha scritto qualche giorno fa un suo caro amico. Gian Piero era nei suoi scritti, per tornare ad Enrico Camanni, forse per questo è così difficile raccontarlo.

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