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Scarascia Mugnozza: la filiera foresta-legno può diventare risorsa fondamentale

Il Presidente della Repubblica ha da poco approvato il Testo Unico in materia forestale. L’Italia ha quindi, per la prima volta, un decreto legge che, come in molti ci hanno detto, cerca di armonizzare le venti leggi regionali che fino ad ora hanno regolato la gestione del bosco in Italia.

Questo Testo Unico ha una gestazione molto lunga. Si può dire che i lavori siano iniziati oltre cinque anni fa nell’ambito del tavolo di discussione riguardante la filiera foresta-legno. Un tavolo istituito circa dieci anni fa presso il MIPAAF con lo scopo di riunire tutti quanti gli attori della filiera foresta legno (enti di ricerca, università, Regioni, diverse componenti dello Stato, le associazioni e soprattutto le categorie imprenditoriali). Questo tavolo ha raccolto tutte le esigenze dei vari attori e aveva già formulato, circa tre o quattro anni fa, una bozza di progetto per semplificare e coordinare le attività”. Spiega Giuseppe Scarascia Mugnozza docente ordinario di Ecologia Forestale e Selvicoltura, già direttore dell’Istituto di Biologia Agro-ambientale e Forestale del CNR nonché una delle voci più importanti e apprezzate a livello italiano ed europeo per quanto riguarda le scienze forestali.

 

Dove sta però l’importanza di questo lavoro?

Direi che un Testo Unico è importante innanzitutto per una questione politica. In Italia abbiamo venti differenti politiche forestali, il che significa che tutte le attività tecniche sono demandate alla Regioni. Per questo è importante un’azione di coordinamento centrale. È fondamentale che sopra le Regioni ci sia l’Italia e sopra l’Italia l’Unione Europea. È necessaria una voce che coordini le Regioni e che sia in grado di rappresentarle a Bruxelles perché abbiamo normative internazionali da rispettare. Normative che riguardano il clima, la politica ambientale, le foreste.

Siamo gli unici ad avere questa esigenza?

No. In Europa ci sono stati come la Germania, ma anche la Spagna, che hanno una struttura del mondo forestale simile a quella italiana dove le attività sono demandate alle Regioni ma, a livello centrale, esiste una direzione generale che coordina il tutto.

In questo periodo in molti hanno denunciato i rischi per l’ambiente di un taglio eccessivo del bosco. Hanno parlato di biomasse, di deforestazione, di rischio per le aree protette italiane… quanto di questo è vero?

Credo che dietro queste opinioni ci siano motivazioni politiche e, forse, personali. Non c’è nulla di vero, anche se è sempre importante tenere conto di tutte quante le voci, anche del mondo ambientalista.

Come fa a dire che non c’è nulla di vero?

Perché le loro affermazioni non sono supportate da dati. Negli  ultimi cinquanta anni l’Italia ha raddoppiato la sua superficie forestale ed è aumentata enormemente la biomassa. Quindi, non soltanto abbiamo molti più boschi, ma questi sono diventati anche più ricchi e più produttivi.

È questa la realtà. Ora bisogna iniziare a strutturare una filiera foresta-legno adeguata alla realtà mondiale attuale e adeguata alla realtà dei nostri boschi che sono progressivamente cambiati. Sono migliorati grazie anche all’abbandono delle terre montane e alla gestione conservativa delle foreste.

I veri pericoli per il futuro sono quelli legati ai cambiamenti climatici e il rischio più grande è quello degli incendi. Quel che è accaduto l’anno scorso lo dimostra.

Per le foreste invece non vedo i pericoli sollevati. La maggior parte delle nostre risorse forestali sono incluse in un sistema di parchi e aree protette molto ben articolate. Un sistema che incide e tutela le foreste. Questo non vuole ovviamente essere un discorso ottimista, ma adeguato alle sfide del futuro. I discorsi catastrofisti non hanno rapporto con la realtà.

Cosa dobbiamo quindi fare oggi?

È importante creare una filiera foresta-legno. L’Italia è il terzo Paese al mondo per quanto riguarda produzione ed esportazione di prodotti in legno, prima di noi solo Cina e Germania. Se vogliamo far si che questa filiera si mantenga e si sviluppi e bene considerarla nel suo insieme. Stiamo parlando di qualcosa come 300, 400mila posti di lavoro. Nel mondo d’oggi una realtà di grande importanza.

Non è però solo questione di lavoro, ma di risorse, di industria che lavora una fonte innovabile. Se dobbiamo guardare al futuro stiamo andando verso una società che punta su risorse biologiche, rinnovabili. Verso una società che cerca di ridurre l’influenza delle fonti fossili. Il legno rappresenta il settore fondamentale nella produzione di queste risorse. Ci sono elevatissime potenzialità unendo la risorsa legno alla ricerca e all’innovazione tecnologica. È però necessario un lavoro coordinato fatto con preveggenza e con attenzione alle problematiche ambientali per far si che questo settore si possa sviluppare portando ad una riduzione della dipendenza da risorse non rinnovabili.

Appennino e Alpi si possono gestire con la medesima ottica forestale?

Anche su questo l’Italia è abbastanza avanti perché per le Alpi c’è la guida della Convenzione delle Alpi. Una convenzione che cerca di sviluppare una politica coordinata di territorio estremamente importante. Talmente importante che lo stesso modello è stato proposto per i Carpazi e si vorrebbe proporlo anche per l’Appennino tenendo ovviamente conto delle dovute differenze tra Appennino e Alpi

Sono però convinto che lo stesso modello si possa applicare anche alla spina dorsale d-Italia. Ovviamente stiamo parlando di formazioni forestali differenti. Non che non ci siano sulle Alpi. Gli stessi boschi appenninici si ritrovano anche sull’alpe, ma con dimensioni più contenute, in proporzioni differenti.

 

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3 Commenti

  1. Anche i fautori del nucleare hanno sempre usato le stesse parole di scarascia mugnozza che ha passati una vita a formare tagliaboschi, questo gli va dato atto, nella sua lunga carriera.

  2. Mi piacerebbe sapere a quali “normative internazionali da rispettare. Normative che riguardano il clima, la politica ambientale, le foreste” si riferisce l’autore.
    Sono infatti curioso di capire quale accordo internazionale sul clima o sull’ambiente incoraggia gli Stati a bruciare foreste per produrre energia elettrica. Mi bastano pochi link a documenti ufficiali di IPCC, UNEP o altra istituzione internazionale

  3. gentile curatore dei commenti, nel mio commento precedente ho erroneamente scritto “bruciare foreste”, ma intendevo dire “bruciare alberi”. Se le è possibile la prego di correggere il mio commento. Grazie mille, Emanuele Lombardi

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