Alpinismo

Et voilà! l’Everest super/extra lusso

La prima volta che ci andai era l’autunno inoltrato del 1980. Mi accompagnavo con Marco Preti e all’Everest c’era una gran spedizione italiana con Sergio Martini, Giuliano De Marchi e Kurt Diemberger in versione cineasta d’alta quota.

Arrivammo a Lobuche dove c’era, al posto della decina di lodge attuali, una bassa costruzione con muri di pietra e il tetto fatto di paglia, pezzi di legno e pietre piatte. Usciva del fumo e noi, che eravamo partiti da Periche il mattino presto senza viveri e tenda, avevamo una fame nera. Entrammo e ci trovammo un omino nero di fuliggine, così ci apparve, accovacciato a fianco del fuoco acceso in un angolo scuro della costruzione; sopra la nostra testa, per la verità solo della mia perché Marco era notevolmente più alto, c’era una densa nuvola di fumo.

Namastè”, salutammo e ci mettemmo seduti allungando le mani per prenderci un po’ del caldo.

L’omino alimentò il fuoco e si mosse andando verso un mucchio scuro di letame, ci infilò le mani appallottolandone una certa quantità e nell’accovacciarsi di nuovo la spiaccicò sul muro di fronte plasmandola a forma di pizza incollata alla parete a seccarsi definitivamente al caldo del focolare.

Ci chiese se avevamo fame, si era impietosito di noi, e tirò fori da sotto se stesso una padella, ci mise qualcosa di scuro e oleoso, allungò una mano da un’altra parte e la ritiro da sotto una coperta con due uova, che ruppe, mise in padella e con le dita le miscelò piano piano fino a cottura. Dopo poco prese le omelette, le appoggiò sulle mani fatte a vassoio e ce le porse con un gran sorriso che mostrava l’assenza quasi totale di denti. Le mangiammo per disperazione, c’infilammo nel sacco a pelo e ci addormentammo accanto al fuoco. Per il resto della settimana successiva fummo tormentati da un’orda di pulci.

Non mi andò molto meglio, dal punto di vista della comodità e del confort, qualche anno dopo dal versante nord ospite al monastero di Romguk, a 5000 metri.

A proposito di Everest dalla Cina, la notizia non è quella che ho scritto fin ora (e che probabilmente interessa solo a me), ma è che il 7 Summit Club, gestito da Alex Abramov, sodale qualche anno fa di Russell Brice (il top degli organizzatori di spedizioni commerciali, oggi in pensione), inaugurerà quest’anno un Everest Super/Extra Lusso sul versante nord, quello cinese. Ospiterà 40 persone che tenteranno di salire la cima più alta del mondo. Le tende e gli allestimenti al campo base sono quelli che si possono apprezzare nelle foto; ovviamente internet, stufe per il riscaldamento collettivo e individuale e sauna collettiva sono comprese. Grande festa per il primo maggio, garantita per tutti senza costi aggiuntivi , con tanta birra e vodka. 

Prezzo 64.900 dollari con dotazione di 1 sherpa tutto per te e 6 bombole di ossigeno; 79.900 per 2 sherpa e 12 bombole di ossigeno.  

Bene, la notizia ora la sapete e possiamo proseguire la discussione su etica sportiva e alpinistica, regole e giorni di inizio e fine dell’inverno.  

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4 Commenti

  1. La domanda è sempre la stessa: che ci vado a fare all’Everest se poi non vivo l’Everest per quello che è, nella sua ruvida durezza, nella sua apnea forzata, nel suo rischio e nel peso delle cose da portare sulla schiena per sopravvivere?
    È vero che sembrare ed essere non è la stessa cosa, e che sembrare, a volte, può essere meglio che essere (ad esempio, sembrare morto è sempre meglio che esserlo)… però… sembrare che si sia stati così in alto, ed esserci stati davvero… secondo me è diverso proprio.
    Un po’, in fondo fa proprio pena: è come giocare a bocce e far credere che sia uno sport.

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