Alpinismo

Cerro Riso Patron: il racconto di Matteo Della Bordella e la dedica a Daniele Chiappa

Testo e foto di Matteo Della Bordella, Gruppo Ragni di Lecco 

Tra febbraio e marzo 2018, Silvan Schupbach ed io abbiamo passato un totale di 22 giorni di spedizione in una delle zone più remote ed isolate della Patagonia, con l’obiettivo di scalare il Cerro Riso Patron.

Foto @ Matteo Della Bordella

Questa montagna misteriosa e poco conosciuta si trova sul lato occidentale dello Hielo Continental e dista circa 70 km dai famosi Cerro Torre e Fitz Roy. Il Cerro Riso Patron, presenta due cime: quella centrale (circa 2.550 metri) che fu scalata per la prima volta dai Ragni di Lecco nel 1988 (Ferrari, Lombardini, Spreafico) e successivamente da un team francese nel 2015 (salita per la quale furono premiati con il piolet d’or) e la cima Sud (circa 2.350 metri), che prima della nostra salita era ancora inviolata.

Per questa spedizione abbiamo adottato uno stile “by fair means, effettuando la prima parte dell’avvicinamento alla montagna con i kayak. Siamo partiti da Puerto Eden, un piccolo villaggio di pescatori collocato nei fiordi Cileni, che dista circa 100 km dal luogo dove abbiamo posto il nostro campo base. Silvan ed io avevamo già sperimentato questo tipo di approccio nel 2014 in Groenlandia, ed era da tempo che progettavamo di fare insieme qualcosa di simile, ma in un luogo ancora più selvaggio e più impegnativo dal punto di vista delle condizioni e della logistica, come la Patagonia.

Siamo partiti da Puerto Eden il 10 febbraio, con i nostri kayak carichi di tutto il necessario per sopravvivere 30 giorni e per scalare il Cerro Riso Patron. Le buone condizioni del mare ci hanno permesso di raggiungere il luogo del nostro campo base, situato nel fiordo Falcon, dopo 3 giorni di navigazione.

Non appena raggiunto il luogo prefissato per accamparci, ci siamo trovati di fronte uno spettacolo desolante ed allo stesso tempo spaventoso: al posto della classica foresta verde, rigogliosa e fitta, ricca di vita, di suoni e di uccelli ci è apparsa una distesa marrone di sabbia, terra ed alberi sradicati, cosparsa qua e là di blocchi di ghiaccio, pesci morti e conchiglie. Non sappiamo bene cosa possa essere successo, ma ipotizziamo che una sorta di “tsunami”, avvenuto presumibilmente non molti giorni prima del nostro arrivo, abbia distrutto qualsiasi cosa nel raggio di un kilometro e mezzo di distanza.

Sapevamo, dai pochi alpinisti che avevano tentato in precedenza il Riso Patron, che l’avvicinamento sarebbe stato molto impegnativo e così il giorno successivo al nostro arrivo abbiamo immediatamente iniziato ad esplorare la zona.

Tra le varie possibilità abbiamo optato per un avvicinamento un po’ “acrobatico”: la parte cruciale era costituita dall’attraversamento di un grande fiume che usciva da un lago glaciale. Mi sono quindi legato un cordino in vita e, dopo aver nuotato sulla sponda opposta del lago, lo abbiamo teso per circa 80 metri, ad una decina di metri dall’acqua, affinché ci permettesse di passare da una parte all’altra del fiume senza bagnarci. Per il resto, il percorso era “ordinaria amministrazione”: tra paludi, boschi e prati verticali, in direzione della parete Ovest del Cerro Riso Patron.

Il 15 febbraio, finalmente, abbiamo posizionato il nostro campo avanzato a circa 1 ora e mezza dalla base della parete; tutto era pronto per attaccare la Ovest del Riso Patron Sud, ovvero l’obiettivo principale del nostro lungo viaggio.

L’attesa del bel tempo ci ha lasciato ipotizzare diverse strategie e linee di salita. Tuttavia, solo dopo aver aspettato pazientemente al campo avanzato che l’ultima tempesta Patagonica si esaurisse, è arrivato il momento di fare un tentativo.

Come spesso accade dopo tanti giorni di brutto tempo, la parete era completamente incrostata di neve e ghiaccio, così abbiamo scelto una linea di salita che ci permettesse di scalare con piccozze e ramponi. Nei primi 300 metri le difficoltà erano modeste, ma ci siamo poi trovati davanti a 25 metri di roccia verticale e compatta. Li abbiamo superati con la cosiddetta tecnica del “dry tooling” impiegandoci più di un’ora. Messo alle spalle questo scoglio, siamo andati avanti piuttosto spediti, sempre su terreno misto roccia/ghiaccio, fino a raggiungere un nevaio, che ci ha rapidamente condotto ad una ripida rampa completamente ghiacciata. Qui la scalata si è fatta veramente entusiasmante, sempre con ramponi e piccozze, sul tipico mix di ghiaccio e neve patagonico con pendenze fino a 90 gradi.

Alle 8.30 di sera, dopo 12 ore di scalata e con il tramonto alle spalle, ci siamo stretti la mano ed abbracciati in cima al fungo di ghiaccio sommitale della vetta Sud del Riso Patron. La sensazione di essere i primi uomini a mettere i piedi su questa montagna, mi ha fatto sentire piccolo piccolo al cospetto della grandezza della natura e del panorama mozzafiato che avevo di fronte.

Quella notte abbiamo potuto godere di un bivacco indimenticabile, al riparo in una grotta di ghiaccio proprio sotto il fungo finale, prima di intraprendere la discesa, il giorno successivo.

Una volta tornati al campo base potrebbe sembrare ovvio che lo step successivo della spedizione sarebbe stato quello del rientro verso casa. Ma non era così scontato per noi, che avremmo voluto scalare ancora e vivere altre grandi avventure in questo austero, ma attraente, paradiso di ghiaccio e roccia, dalle molteplici possibilità per nuove e difficili vie di arrampicata.

Nostro malgrado, però, il tempo si era definitivamente volto al peggio e così, dopo aver recuperato tutto il materiale al campo avanzato, ci siamo dovuti rimettere nei nostri amati ed odiati kayak.

Il rientro via mare è stata la degna conclusione di questa avventura impegnativa: il vento contrario ci ha tenuto compagnia per buona parte del tempo, tanto che mi sentivo come i ciclisti in un “tappone dolomitico” del giro d’Italia: pagaia stretta e testa bassa, a combattere contro i crampi e la fatica. Solo l’ultimo giorno ci ha concesso un regalo: il vento a favore, per un arrivo trionfale nella ridente Puerto Eden!

Daniele Chiappa, uno dei mitici quattro primi salitori del Cerro Torre nel 1974, aveva a lungo sognato e progettato una salita simile alla nostra su questa montagna. Sebbene né io né Silvan avessimo mai avuto la fortuna di conoscerlo, per questo suo sogno e per tutto quello che ha fatto per l’alpinismo a Lecco e non solo, questa salita vorremmo dedicarla a lui.


La via
Riso Patron Sud (approx. 2.350 m)
King Kong, 900m, M7+, 90°,
22.02.2018, S.Schupbach & M. Della Bordella

 

 

 

Tags

Articoli correlati

5 Commenti

  1. Poche parole e molti fatti… Questo è l’alpinismo che apprezzo maggiormente! Complimenti per l’ennesima grande impresa!

  2. Senza polemica ma per curiosità. E’ evidente che questa è una delle imprese alpinistiche internazionali dell’anno mentre quella di Moro una salita di nessun interesse tecnico. Come mai nel riquadro grande c’è l’intervista a Moro e non questa cosa enorme? Sono pressioni sponsor? Amicizie personali? Questi due hanno fatto un M7+ arrivando in Kayak su una montagna remota, gli altri due un sentiero escursionistico arrivandoci in pulmino. Dovete spiegarci perchè Lei, Sig. Da Polenza, non è un giornalista della Gazzetta che non sa distinguere un sentiero invernale dolomitico da una via molto dura di ghiaccio in capo al mondo

    1. Buongiorno Mario,

      la notizia del Cerro Riso Patron (seguita da noi con molta attenzione, con anche diversi approfondimenti) è stata nel riquadro grande il giorno di pubblicazione. Quando viene inserita una nuova “top news” questa prende il posto nel riquadro grande (come è del resto accaduto oggi con l’articolo di Moro, che ha lasciato spazio all’intervista a Paolo Rabbia).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close