Alpinismo

Ma alla fine, quando inizia l’inverno?

Il tema più dibattuto nell’alpinismo d’alta quota invernale è certamente quello relativo all’inizio della stagione fredda. Una domanda che può sembrare banale, ma che ogni anno torna a far discutere commentatori e scalatori. C’è una risposta a questa domanda? Ni.

Stagioni astronomiche e metereologiche

Stagioni astronomiche: le stagioni astronomiche si basano sugli equinozi ed i solstizi. Autunno e primavera cominciano con l’equinozio, mentre estate ed inverno hanno inizio con il solstizio. Durante l’equinozio le ore di luce e di buio si equivalgono, mentre durante il solstizio prevalgono le une o le altre (dipende se è d’estate o di inverno).

Pertanto, le stagioni sono legate all’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto all’eclittica che la Terra individua orbitando intorno al Sole. L’inclinazione dell’asse terrestre non è costante, ma varia ciclicamente di qualche grado, pertanto le date di inizio delle stagioni possono cambiare di alcuni giorni (esempio: 21/22 dicembre).

Stagioni metereologiche: proprio per superare questa incertezza, le stagioni metereologiche dividono l’anno in base all’andamento climatico. I mesi più freddi (dal 1 dicembre al 28 febbraio) corrispondono all’inverno, quelli più caldi all’estate (1 giugno, 31 agosto), i mesi in mezzo sono rispettivamente quelli primaverili e autunnali.

Quale calendario viene effettivamente usato?

Premesso questo, l’adozione di uno o l’altro calendario è convenzionale. Ad esempio, in Europa si è soliti fare riferimento alle stagioni astronomiche, così non avviene invece in Australia dove la primavera inizia il 1 settembre (siamo nell’emisfero australe). Medesima cosa in Nepal. In India si segue il calendario induista e le stagioni sono ben 6, in Irlanda il calendario celtico fa cominciare la primavera il 1 febbraio. In meteorologia si utilizzano le stagioni meteorologiche.

L’inverno per gli alpinisti

In alpinismo? In alpinismo si è soliti utilizzare il calendario astronomico. È sempre stato così? No.

Questa regola (sappiamo che parlare di regole in alpinismo è un tabù, ma concedeteci questa licenza poetica) si è stabilita dopo un duro dibattito tra Jean-Cristophe Lafaille e Simone Moro su chi avesse salito in invernale lo Shisha Pangma. Il francese aveva raggiunto la vetta l’11 dicembre 2004, l’italiano invece il 14 gennaio 2005. Quella discussione contribuì a far definire la regola non scritta, ma convenzionalmente accettata, del 21 dicembre come data di inizio per le salite invernali, o meglio come data di partenza dal campo base per poi tentare la vetta.

Il punto però è che stiamo parlando di una consuetudine e pertanto, come tale, la si può mettere in discussione, come ha fatto Denis Urubko, ed anche proporre di modificarla. La consuetudine per definizione segue il sentire generale e diventa “vincolante” quando la maggioranza si uniforma ad essa. È quindi fisiologico e non deve sorprendere che un dibattito intrapreso 13 anni fa possa essere rimesso in discussione in base a quello che è oggi l’alpinismo. Detto ciò, finché questa consuetudine non cambia, i riferimenti temporali continueranno ad essere 22 dicembre/21 marzo.

Dopo tutto ciò, chi ha ragione? Probabilmente un amico alpinista che in questi giorni ci ha commentato la vicenda così: “Paranoie“.

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7 Commenti

  1. Ok, ma bisogna chiarire una cosetta. La prima invernale dello Shisha Pagma è comunque di Simone Moro anche se si considera l’inverno dal primo dicembre al 28 febbraio. Perché Jean Christofe Lafaille era al campo base da ben prima di dicembre. E se sulla questione che l’inverno inizia il il primo o il 21 dicembre il dibattito è aperto, sul fatto che per ritenere valida un’invernale bisogna essere al campo base non prima di quanto comincia l’inverno è una regola che tutti condividono. Altrimenti uno arriva al campo base in autunno, si ambienta con condizioni favorevoli e la prima giornata buona dell’inverno va in vetta … l’invernale sarebbe un’altro gioco così eh … almeno su questo mi sembra che si è tutti d’accordo…

    1. Mmm, però con questa regola che dici ad esempio l’invernale di Wielicki al Lhotse non sarebbe valida (arrivo in vetta il 31 dicembre 1988, ma la spedizione era al campo base già da fine novembre)
      A me piace molto la definizione dell’ American Alpine Club, che vedo adottata da molti altri siti e che definisce così:
      “ascensione invernale” = arrivo in vetta nell’inverno astronomico.
      “ascensione in condizioni invernali” = arrivo in vetta nell’inverno meteorologico.
      “ascensione invernale parziale” = arrivo in vetta nell’inverno astronomico, ma presenza al campo base già da prima.

      Con questa definizione, tornando alla diatriba Moro-Lafaille, l’ascensione di Moro sarebbe la prima invernale e quella di Lafaille la prima in condizioni invernali

  2. Se non ci sono regole condivise ognuno crede a ciò che preferisce.
    Onore a Urubko che agisce il suo credo.

  3. le regole, per essere tali ed avere senso, devono distinguere tra situazioni oggettivamente diverse per riconoscerne il diverso valore, come mi sembra faccia la regola americana

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