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Parla Urubko: “Dovevamo dare il massimo, dovevamo farlo”

Nel tweet, il Ministro dello Sport polacco, Witold Bańka, annuncia che chiederà al Presidente della Repubblica della Polonia, Andrzej Dud, di decorare con una medaglia al valore Adam Bielecki, Denis Urubko, Jarek Bottor e Piotr Tomala.

 

“Le persone devono aiutarsi a vicenda, in particolare gli scalatori, soprattutto quando si tratta di una persona straordinaria come Elisabeth Revol, che rispetto molto. È stata un’esperienza unica quella di aiutarla a sopravvivere in una situazione così delicata”. Così inizia l’intervista a Denis Urubko rilasciata alla rivista spagnola Desnivel. Racconta la corsa, sua e di Bielecki e di molti altri che hanno organizzato il soccorso, per raggiungere Elisabeth, strapparla dal Nanga e capire se anche Tomek poteva essere raggiunto. 

Venti ore dopo, no stop, senza dormire, gli occhi bruciati dal sole, sono di nuovo a Skardu. Con il dolore per non aver potuto salvare Tomek e la gioia per aver incontrato, al buio, Elisabeth. Ora lui, Bielecki, Botor e Tomala rimarranno qualche giorno a Skardu, per riposarsi un attimo in hotel, e poi, appena il tempo consentirà il volo degli elicotteri, torneranno al K2. 

The rescue operation has been completed – dice il comunicato stampa di Krzysztof Wielicki – It ran according to the plan and assumptions. E. Revol has been saved. The rescuers are in Skardu and after the weather improvement they will join the Expedition. This action has no effect on the course of the Expedition. The rescuers feel good”.

Denis ripercorre la corsa sul muro di ghiaccio e poi sulle rocce della via Kinshofer: “La via è equipaggiata con corde fisse installate da spedizioni commerciali. Siamo riusciti a salire così velocemente grazie queste, ciò ci ha permesso di scalare senza alcun dubbio, concentrandoci sul salire, salire, salire”. 

1200 metri in poche ore, tutte d’un fiato, prima di incontrare la voce di Elisabeth. Onore anche al pilota dell’elicottero che ha lasciato i due soccorritori a 4.800 metri, cento metri sotto campo 1, nessun pilota aveva spinto la macchina così in alto sul Nanga. 

Racconta Denis: “Volevamo andare leggeri ma non avevamo altra scelta che portare peso perché dovevamo trasportare materiale di soccorso: cibo, medicinali… Abbiamo fatto un grande sforzo di cui siamo assolutamente soddisfatti. Penso che qualsiasi scalatore, in una situazione simile, farebbe la stessa cosa che io e Adam abbiamo fatto. Siamo stati molto fortunati: siamo stati in grado di utilizzare l’elicottero, eravamo acclimatati, c’era il budget per eseguire il salvataggio, avevamo l’attrezzatura necessaria. Dovevamo solo dare il massimo. Dovevamo farlo”.

A 6.000 metri, poco sopra Campo 2, a 5.950 metri, iniziano a chiamare Elisabeth: “Quando siamo arrivati ​​tutto era completamente buio, non riuscivo a vedere nulla. Alla radio qualcuno ci ha detto di aver visto una luce scendere. Cominciai a urlare – c’era molto vento – e sentimmo una voce nell’oscurità. È stata una grande gioia perché sapevamo che eravamo vicini a lei e che saremmo stati in grado di aiutarla”.

Dopo aver rifocillato Elisabeth hanno preso una pausa per rifiatare. I due alpinisti si erano portati dietro una piccola tenda da bivacco, da due. Hanno fatto riposare Elisabeth per qualche ora, dandole cibo, acqua e medicinali:”Lei è riuscita a dormire un po’, a volte appoggiandosi a me, a volte su Adam. Siamo stati felici di poter aiutare questa grande donna e alpinista. Adam e io non abbiamo dormito affatto. L’importante è che Elisabeth abbia dormito qualche ora”.

Denis parla anche delle condizioni di congelamento della Revol: “Non sono terribilmente serie, ho visto molto peggio… Penso che sia persino possibile, spero, che possa guarire senza operazioni importanti.”

Per quanto riguarda Tomek, Denis è stato molto chiaro: “In quel momento dovevamo prendere una decisione: o aiutare Elisabeth a sopravvivere, o continuare, con una minima speranza di riuscire a trovare Tomek. Avevamo anche condizioni di meteo brutto per i giorni seguenti. Era evidente che dovevamo stare con Elisabeth, che era molto debole, ed è per questo che abbiamo deciso di concentrarci per aiutarla”. Sulla possibilità di salvare  Tomek ha parlato anche Adam Bielecki, intervistato da sport.tvn24: “Siamo molto dispiaciuti di non aver potuto aiutare anche Tomek. Elisabeth ci ha spiegato che non era più in condizioni di scendere, gli ha lasciato il suo fornello e il gas che le rimaneva. La prima cosa che ho chiesto a Eli, appena l’abbiamo incontrata, era se Tomek era in grado di camminare. Era fondamentale per noi saperlo”. 

 

Il momento in cui Denis Urubko incontra Elisabeth:

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3 Commenti

  1. “Dovevamo solo dare il massimo. Dovevamo farlo.”
    Tanta stima, onore e rispetto per questi due grandi eroi, che non hanno esitato un attimo a dare tutto loro stessi per salvare una vita.
    Splendide le parole di Denis, che mettono il dovere nei confronti della vita davanti ad ogni altra cosa e quasi sminuiscono l’impresa come se fosse semplice e scontata.

    Questi sono gli Alpinisti, questi gli Uomini che meritano di passare alla storia, forse anche un gradino più in alto di quelli dei record, delle foto da social e degli sponsor da capogiro, troppo intenti a fare yoga per curarsi della vicenda.

    Un ricordo anche al defunto Tomek: riposi nella pace dei monti.

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