Alpinismo

Everest: muore l’86enne Min Bahadur Sherchan, stava tentando il record

Min Bahadur Sherchan al campo base dell’Everest lo scorso 4 aprile

È morto questo pomeriggio al campo base dell’Everest il nepalese Min Bahadur Sherchan, a darne notizia l’Himalayan Times. Le cause non sono ancora note.

Min era al tetto del mondo per tentare di riconquistare il record di persona più anziana a raggiungere la vetta, primato che al momento spetta al giapponese Yuichiro Miura.

Una “guerra”, quella tra i due, che durava da anni: Yuichiro Miura con la vetta del 2003 aveva conquistato il guinness a 70 anni. Nel 2008, intenzionato a rafforzare il primato, il giapponese era tornato all’Everest arrivando in vetta a 75 anni, ma il giorno prima anche Min Bahadur Sherchan aveva toccato il tetto del mondo e con i suoi 76 anni e 340 giorni era riuscito a strappare il record al suo contendente. Cinque anni dopo, nel 2013, i due si ritrovarono nuovamente al campo base dell’Everest. In quella stagione Yuichiro Miura arrivò in vetta all’età di 80 anni; il nepalese invece, che di anni ne aveva 81, fu costretto a tirarsi indietro per un malessere. Il guinness tornava così nelle mani del giapponese. Non intenzionato a rinunciare, nel 2015 Min Bahadur Sherchan aveva progettato di tornare all’Everest, ma a causa del terremoto dovette abbandonare l’idea. Anche l’anno scorso aveva annunciato l’avvio di una raccolta fondi per riprendersi il record, ma senza successo.

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5 Commenti

    1. Gentile Mario,

      in tutta onestà, non ci viene in mente alcun suo commento da noi cancellato.

      Forse erano ancora in moderazione? Capita che a volte i tempi per l’approvazione dei commenti siano un po’ più lunghi del solito (del resto non siamo sempre in redazione ed è sabato anche per noi 🙂 )

      Saluti dal Trento Film Festival

  1. Le morti in montagna di cui si legge, sono forse come la punta dell’iceberg.
    Io stesso ho corso quel rischio tante volte, nelle mie camminate, ma questo caso mi spaventa.
    Come età siamo vicini, quell’ altezza l’ho anche superata (v. Kili) e sarebbe fin troppo a portata di mano a Rombuk o all’ABC.
    Però …

  2. Non è mai troppo tardi! Si potrebbe lanciare l’idea di un nuovo record per il primo morto trascinato in vetta. Queste notizie mi rendono triste e cinico, e lo so che può essere spiacevole: ma non posso fare a meno di domandarmi che senso abbia tentare di andare in vetta all’Everest per essere il primo nativo americano a riuscirci, piuttosto che la prima studentessa delle scuole medie di Catania o il primo frate trappista o il primo pizzaiolo di Posillipo o assessore comunale di Forlimpopoli o il primo Cocker Spaniel a pelo nero?
    Ma santo cielo, ma perché la gente non si da una calmata e, a una certa età, non se ne va con i nipoti a spasso per un bosco? Finiti i nazionalismi siamo passati direttamente al circo, come in un paradossale gioco dell’oca senza fine, una coazione a ripetere in negativo, sempre più sciocca, sempre più futile. Viene proprio da pensare che Basaglia, chiudendo i manicomi, abbia fatto un tragico errore.
    Un invito e un consiglio, se posso, alla redazione: non va pubblicato tutto per forza. Io penso che, dando spazio a notizie di questo tenore, fra non molto passeremo dalla gerontologia alla neonatologia, con il primo parto in vetta! Hallelujah!

  3. Siamo tutti diversi gli uni dagli altri.Per qualcuno può essere meglio morire in montagna che in una corsia di ospedale. Inseguendo un sogno impossibile. Viva i sognatori. Ne sono rimasti pochi

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