Montagne

Manaslu

Localizzata nell’Himalaya nepalese, con i suoi 8163 metri è l’ottava montagna della Terra. Cima dalle difficoltà non estreme è stata salita per la prima volta da una spedizione giapponese. Il Manaslu è infatti l’Ottomila nipponico, così come l’Everest è quello degli inglesi, il Nanga Parbat dei tedeschi e il K2 degli italiani. Dal 1997 la montagna si trova all’interno della Manaslu Conservation Area, un’area protetta di 1663 chilometri quadrati che ha lo scopo di tutelare e proteggere ambiente naturale, fauna e patrimonio culturale locali. Il suo nome deriva dalla parola sanscrita “manasa” che ha traduzione letterale in “anima”. Da qui il nome Manaslu, ovvero “montagna dello spirito”.

Geografia

Il Manaslu si trova in Nepal, a circa 64 chilometri in linea d’aria dall’Annapurna. Il massiccio è delimitato è delimitato a est dal Ganesh Himal e dalla gola del fiume Buri Gandaki, a ovest dai profondi canyon del Marysyangdi Khola. Presenta tre cime principali: Manaslu (8163 m), Manaslu est (7992 m), Manaslu nord (7157 m). La sua particolare conformazione, con valli glaciali e lunghe creste, la rende una montagna dall’aspetto delicato e affascinante.

Nell’area della montagna sono localizzate altre cime minori, ma di grande attrattiva alpinistica come Punta Himalchuli (7893 m), Ngadi Chuli (7871 m), Shringi (7187 m), Langpo (6668 m) e Saula (6235 m).

Storia

Il primo a osservare il Manaslu è il Maggiore inglese Harold William Tilman, già noto per essere stato coinvolto in due spedizioni all’Everest nel corso degli anni Trenta del Novecento. Nel 1950 si reca in Nepal con una piccola spedizione di cinque uomini. Risalgono la valle di Kathmandu fino a raggiungere l’Annapurna, dove portano a compimento un’esplorazione della zona. Durante questo periodo risalgono le alture del Dudh Khola e da lì osservano chiaramente la sagoma del Manaslu. Qualche mese dopo, Tilman insieme al Tenente Colonnello James Owen Merion Roberts raggiungono il passo Larkya da cui lo sguardo si apre all’altopiano che culmina con il Manaslu. Guardano la montagna e la studiano, seppur a distanza. Tilman conclude che sarebbe stato possibile salire in vetta, ma non porta avanti un tentativo.

La prima salita

Se gli inglesi sono stati i primi a osservare la montagna, i giapponesi sono stati i primi a sceglierla come meta alpinistica. Negli anni seguenti il primo avvistamento occidentale sono i nipponici a guidare una serie di spedizioni dirette alla vetta. Nel 1952 raggiunsero in Manaslu in autunno, alla ricerca di un passaggio verso l’alto. Un piccolo gruppo in ricognizione per cogliere eventuali punti deboli e identificare il miglior percorso di salita. L’anno successivo eccoli tornare, questa volta la spedizione è numerosa con 15 alpinisti. Provano a scalare lungo il versante nord-est (attuale via normale), raggiungono i 7750 metri prima di rinunciare. Una nuova spedizione vorrebbe riprovarci nel 1954, ma le cose si complicano ancora prima di approcciare la montagna. Negli anni precedenti gli scalatori si erano fatti notare dai locali, soprattutto per il campo base posizionato nel villaggio di Samagaon. Nell’area si è presto sviluppata un’ostilità alle spedizioni, accentuata dalla distruzione del Monastero di Pung-gyen con la conseguente uccisione di 28 persone. Un evento dovuto al caso, una grande valanga, ma non per gli abitanti della zona. Loro attribuiscono la colpa ai giapponesi che con i loro tentativi di violare la montagna avrebbero infastidito gli dei che vi dimorano. Vista la situazione di tensione gli alpinisti rientrano in patria senza tentare la salita.

Risolta la problematica con una donazione per ricostruire il tempio. I giapponesi riescono a ottenere due nuovi permessi di salita: uno per l’autunno del 1955 e l’altro per la primavera del 1956. La prima è principalmente una spedizione di esplorazione, per verificare ancora una volta le possibilità di salita lungo il versante nord-est. La seconda è invece quella destinata a violare il Manaslu. Del gruppo fanno parte 12 scalatori e venti portatori sherpa. Arrivano al campo base verso la fine di marzo e per un mesetto lavorano sulla montagna. Fila tutto liscio. Si allestiscono i campi, si fissano corde e gli alpinisti cercano di passare del tempo in quota per adattare il proprio corpo. Avanti così per un mese, poi si attende il giusto momento per tentare la vetta che viene regolarmente toccata il 9 maggio del 1956 dal giapponese Toshio Imanishi e dal nepalese Gyaltsen Norbu. Oltre a loro la cima viene raggiunta anche da Kiichiro Kato e Minora Higeta.

Prima salita invernale

La prima invernale al Manaslu è stata compiuta il 12 gennaio 1984 a opera dei polacchi Maciej Berbeka e Ryszard Gajewski. Una spedizione classica che ha visto gli alpinisti partire dalla Polonia verso la metà di novembre e arrivo al campo base il 2 dicembre. Gran parte dei lavori sulla montagna sono stati svolti nel corso degli ultimi giorni dell’autunno astronomico, tanto che al 21 dicembre, prima giorno d’inverno, gli alpinisti hanno già raggiunto i 7100 metri di quota fissando campo 3. Venti giorni dopo sono in vetta, ed è un grande primato: prima invernale, prima volta in cima a un Ottomila d’inverno senza bombole d’ossigeno. Anche se i lavori sulla montagna sono iniziati prima del 21 dicembre questa è una prima invernale a tutti gli effetti. Parliamo di anni in cui l’inverno himalayano era ancora un sogno pionieristico, una storia inventata dai polacchi e ancora tutta da costruire.

Vie alpinistiche

La principale via di salita al Manaslu è quella che corre lungo la parete nord-est, lo stesso tracciata seguito dai primi salitori e non presenta particolari difficoltà tecniche, anche se a livello statistico è al quarto posto tra gli Ottomila più rischiosi.

Nel corso degli anni sono state aperte diverse altre vie alpinistiche sulla montagna.

  • 1971 – I giapponesi Kazuharu Kohara e Motoyoshi Tanaka aprono una nuova via lungo lo sperone nord-ovest raggiungendo la vetta il 17 maggio.
  • 1972 – Una spedizione italo-austriaca guidata da Wolfgang Nairz realizza una nuova via sulla parete sud, la più difficile. Del gruppo fa parte Reinhold Messner, che è anche il primo italiano a raggiungere la vetta.
  • 1981 – I Francesi Pierre Béghin e Bernard Muller raggiungono la vetta il 7 ottobre, passando per una nuova via lungo il versante ovest.

Salite degne di nota

  • 1993 – Il 2 maggio, dopo aver raggiunto la vetta, Sepp Brunner, Gerhard Floßmann, Sepp Hinding e Michael Leuprecht agganciano gli sci a una quota di settemila metri e sciano fino al campo base.
  • 2008 – Nives Meroi e Romano Benet raggiungono la vetta, con loro si trova Luca Vuerich.
  • 2011 – I piemontesi Marco Galliano e Cala Cimenti realizzano rispettivamente la prima discesa assoluta con la tavola e la prima discesa italiana con gli sci.
  • 2019 – La guida del Cervino François Cazzanelli sale e scende dalla montagna in sole 17 ore e 43 minuti stabilendo il nuovo record di velocità.

Guida al Manaslu

Il Manaslu è una delle mete più frequentate dai trekker di tutto il mondo, dopo il celebre circuito dell’Annapurna. L’area è aperta ai turisti solo dal 1991, cosa che ha permesso di conservare una incredibile testimonianza di vita rurale ai piedi delle più alte montagne della Terra.

La prima cosa da fare per raggiungerlo è volare sul Kathmandu, quindi ci si sposta via terra fino al paese di Arugha, porta d’ingresso alla valle Budhi Gandaki. Da qui ci si carica lo zaino sulle spalle per dare avvio al trek che risale per buona parte il fiume che porta lo stesso nome della valle. In cinque giorni di cammino tra villaggi e ponti sospesi si raggiunge Samagaon, da cui con un ripido sentiero è possibile visitare il campo base della montagna. Per accedere all’area del Manaslu è necessario ottenere il permesso di trekking. Si tratta pur sempre di un territorio a ingressi contingentati, non aspettatevi quindi grandi folle lungo il percorso, anzi. Spesso vi ritroverete soli nella pace della natura.

Per chi intendesse invece affrontare la salita del Manaslu è necessario richiedere il permesso di scalata.

Il Manaslu nella filmografia

Manaslu, 2019, di Gerald Salmina (film che racconta la storia di Hans Kammerlander)

Il Manaslu nei libri

  • Tempesta sul Manaslu. Tragedia sul tetto del mondo, di Reinhold Messner, 2011, Priuli & Verlucca
  • Manaslu. Cronaca di una spedizione in Himalaya, di Reinhold Messner, 1973, Gorlich
Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Leggi anche

Close
Back to top button
Close